strumenti SEO gratuiti provati per l'Italia

Strumenti SEO gratuiti provati per l’Italia

Qualche tempo fa Ahrefs ha rilasciato una lista di strumenti SEO gratuiti. Mi sto cimentando a collaudarli per la lingua italiana.

Gli strumenti SEO gratuiti più famosi

Alcuni strumenti SEO sono così famosi che, tutti gli esperti SEO li considerano praticamente di pubblico dominio. Iniziamo proprio con questi, dal momento che non si sa mai abbastanza. Almeno un paio mi erano ingnoti. Vediamoli.

Answer the Public (answerthepublic.com)  – Si appoggia al sistema di completamento automatico di Google per restituire le domande effettuate dal pubblico. L’idea è buona, e in inglese funziona molto bene. In italiano se la cava, ma serve un grosso lavoro di affinazione. In particolare sulle parole chiave meno frequenti.
Per esempio, per “pizza” in italiano mi ha restituito come domande rilevanti “sono pazza di te” e “siamo pizza Miami springs“. Qualche risultato interessante c’è, ma dobbiamo necessariamente rivederli.

UberSuggest (ubersuggest.io) – Basta inserire una parola chiave, o una combinazione, e restituisce numerose keyword articolate basate su quella stessa parola chiave. I risultati possono essere esportati in un file CSV, senza registrazione. La Word Cloud è carina per vedere i pesi relativi delle combinazioni. Permette di scegliere sia la library di Google in italiano sia la lingua italiana, quindi funziona piuttosto bene.

Associati a questo l’articolo originale suggerisce keywordtool.io (che da l’impressione di basarsi sullo stesso database, e il Google Keyword Suggest Tool di SEOChat.com. Il primo funziona molto bene e ha anche una tab che suggerisce combinazioni di keyword informative (le buone vecchie “domande”) e permette di utilizzare la localizzazione italiana. Lo strumento di SEOChat.com non ha una funzione per usare il database italiano, quindi per noi non è particolarmente utile.

Soovle (soovle.com) – Analizza Google, Bing, Yahoo, Wikipedia, Amazon, YouTube, e Answers.com per creare combinazioni di parole chiave, informative e non. Si basa sulle funzioni di completamento automatico e sarebbe interessante, purtroppo non ha alcun supporto per l’italiano. Però che su Answers.com la questione “is white pizza pizza” sembra essere particolarmente dibattuta.

Hemingway Editor (hemingwayapp.com)- L’idea è interessante: lo strumento analizza il testo e fornisce suggerimenti sulla leggibilità, indicando frasi troppo lunghe parole deboli, avverbi e così via. Ma funziona solo per l’inglese, quindi se inseriamo un testo in italiano potremo sfruttare solo il misuratore della lunghezza delle frasi, che è comunque calibrato sui canoni linguistici inglesi.

Tuttavia, il vostro amichevole Kappa di quartiere ha fatto un paio di ricerche e ha scovato per voi due degnissimi sostituti per la lingua italiana: Il calcolo dell’indice di leggibilità di Linkomm, che restituisce una valutazione della leggibilità nelle principali scale (Flesch / Vacca, Flesch Kincaid e l’italianissimo Gulpease) e l’analizzatore di leggibilità di translated.net, che ha il grande vantaggio di evidenziare le parole “critiche” del nostro testo. Nessuno dei due offre suggerimenti in linea come fa Hemingway, ma sono comunque ottimi strumenti SEO gratuiti.

Strumenti SEO gratuiti - misuratore di leggibilità

La leggibilità della prima parte di questo testo misurata da Linkomm.

Strumenti per sviluppatori di Chrome – Lo strumento di debug interno a Chrome è perfetto per testare la velocità di risposta del sito, migliorare i tempi di rendering, gestire le chiamate e così via. Per chi si occupa di SEO tecnico è un toccasana, ed è fra gli strumenti nativi dei browser più completi.

Beam Us Up (beamusup.com/seo-analytics-cro-tools/) — Un software per fare SEO crawling, cioè analisi sul nostro sito in modo massivo su tutte le pagine o comunque su un numero consistente di pagine contemporanee. Buona alternativa gratuita a Screaming Frog o Website auditor. Come tutti gli strumenti preminentemente tecnici non ha scogli linguistici, quindi funziona perfettamente con la lingua italiana. E’ disponibile per Windows, Mac e Linux (è basato su Java.)

Google Keyword Planner / Trends / Webmaster Tools / Analytics / Sheets   Beh brava gente, la versione originale è molto più didascalica, ma io ve la dico così: se non conoscete a menadito questi strumenti di Google (e la nuova Search console, che finalmente è uscita dai primi anni 2000), recuperate al più presto. Sono le basi!

Strumenti per Webmaster di Bing (bing.com/toolbox/webmaster) – Il nome dice tutto: gli strumenti ufficiali di Bing, completamente analoghi (ma con un’interfaccia un po’ più chiara, a dire il vero) alla più celebre Search Console di Google. Ok, Bing in Italia ha meno del 4% del mercato (secondo Statcounter), ma al mondo le cose stanno un po’ diversamente, e sentire un’altra campana non fa mai male.

Yandex Metrica – Analytics gratuiti. Considerati (a torto!) un’alternativa per chi non vuole usare Google Analytics, hanno invece una serie di funzioni decisamente più interessanti e approfondite. Una su tutte, le heatmap che andavano di moda qualche anno fa ma che sono sempre utilissime. Il giorno, mai troppo vicino, in cui usciremo dai monopoli di fatto che infestano il nostro ambiente, questo prodotto avrà molto da dire. Anche in questo caso è uno strumento prettamente tecnico, e la lingua non è influente.

30 ottimi strumenti SEO gratuiti meno conosciuti

Il primo esempio dell’autore, parla della combinazione di due strumenti, ovvero l’estensione gInfinity, che permette di scorrere all’infinito i risultati di ricerca, e del bookmarlet di Chris Ainsworth, che permette di estrarre collegamenti e titoli (anchor) da una SERP. Usandoli insieme, possiamo collezionare decine di risultati in secondi, pronti per essere inseriti in un foglio di calcolo.

Ecco altri strumenti SEO gratuiti (disordinati come nell’orginale)

Mergewords (mergewords.com) è uno strumento interessante per chi ha diverse liste di keyword e le vuole combinare fra di loro. Se invece siete dei veri nerd, potete fare la stessa cosa programmando un foglio di calcolo per fare un prodotto cartesiano.
L’articolo originale parla anche di Keyword Mixer, che però nel frattempo è sparito.
Si tratta comunque di semplici strumenti combinatori, per cui funzionano senza problemi anche in italiano, anche se noi abbiamo qualche problema in più con le preposizioni

Keyword Shitter (keywordshitter.com) –  Questo è interessante: inserite una keyword, fate clic su start job e lui ne genera decine di long tail, probabilmente usando un suo database di ricerche inverse.
Sfortunatamente non ci sono opzioni per scegliere il motore o la lingua, per cui se volete usarlo per la lingua italiana va bene fino a quando si parte da parole italiane (per esempio scrivere). Se usate una parola internazionale (per esempio SEO), i risultati saranno principalmente in inglese.

LSIgraph.com – Strumento interessantissimo per identificare le keyword di indicizzazione semantica latente (Latent Semantic Indexing, LSI, dai cui prende il nome). Per intendersi, quelle che in modo meno accademico vengono chiamate intenzioni di ricerca. Sfortunatamente non funziona in alcun modo con la lingua italiana, al massimo per keyword moto comuni restituisce qualche risultato in inglese; inoltre ha un limite di 3 ricerche giornaliere.

TextOptimizer (textoptimizer.com) – fa qualcosa di simile a LSIgraph, ha anche qualche risultato per l’italiano (ma non aspettiamoci cose eccezionali), ma ha diverse restrizioni in più (bisogna registrarsi quasi subito).

Strumento di ricerca keyword di SERPs.com (https://serps.com/tools/keyword-research/)  –  Uno dei pochi strumenti gratuiti a restituire anche i volumi di ricerca, ma i risultati per la lingua italiana sono appena discreti.

Anche SEOBook ha uno strumento simile, ma i risultati per l’italiano non sono eccezionali e la registrazione è faticosa

Strumenti SEO gratuiti: una nota

Lo giuro, sono partito con le migliori intenzioni. Ma alla fine questo blog è soprattutto un posto dove fare esercizi e appuntare le informazioni più interessanti e divertirsi. Purtroppo negli ultimi mesi il tempo è stato tiranno. Per cui ho deciso, invece di lasciar frollare l’articolo in cantina e pubblicarlo l’anno prossimo, di iniziare a proporlo fino al servizio che ho testato, sperando che sia utile e apprezzato in ogni caso. I più curiosi possono vedere la lista completa degli strumenti (non testati per l’italiano, però) nell’articolo originale.

Lezioni di SEO - un esempio di cosa racconto a scuola

Lezioni di SEO – Snippet lunghi, Facebook e pragmatismo

Lezione di SEO all’interno del corso di Tecnico Grafico per il Multimedia e il Web Design presso EnAIP Biella del 18 gennaio 2018

Come ho già raccontato varie volte, spesso le lezioni di SEO devono abbracciare diversi argomenti. Del resto la professione di esperto SEO è multidisciplinare per sua stessa natura: oggi si scrive di computer quantistici, domani di articoli per ferramenta, dopodomani di cibi esotici: in fondo è il suo bello, non ci si annoia mai.

In questa lezione, oltre ad esserci cimentati con la stesura dei primi testi, abbiamo visto un paio di argomenti di attualità: un concetto fondamentale che ogni buon insegnante, SEO soprattutto, dovrebbe sempre far passare è che il nostro mondo è in continua evoluzione, spesso con ritmi nevrotici. Ecco perché abbiamo parlato sia dei nuovi cambi nell’algoritmo di Facebook, sia dei nuovi Snippet più lunghi all’interno delle SERP di Google.

Lezioni di SEO, ha senso parlare di Facebook?

In realtà fa parte di quelli che io chiamo “argomenti tangenti”: è vero che SEO e Facebook hanno pochi punti di contatto, o comunque la connessione non è così immediata, ma non è difficile prevedere come un crollo della reach organica sul social media possa persuadere alcune aziende a tentare nuove strade, fra cui potrebbe esserci quella di avviare un lavoro di revisone SEO del proprio sito. E poi, cari allievi che leggete, non mi stancherò mai di ripetere che questo è un mondo in cui bisogna sapere sempre tutto quello che accade!

Lezione di gennaio 2018, SEO convenzionale, non e un po’ di discorsi di massimi sistemi

Ecco il testo che ho riportato su Google Classroom, qui riportato con qualche aggiustamento estetico (Google Classroom non supporta le formattazioni dei documenti).


Lezione SEO del 18/01/2018 – Come cambia il mondo, spesso molto rapidamente.

Un brevissimo riepilogo degli argomenti legati all’ecosistema della comunicazione digitale ma non strettamente all’ambito SEO.
Prima di tutto, Mark Zuckerberg ha annunciato un cambiamento nell’algoritmo di Facebook, che darà sempre maggiore visibilità ai post delle persone, in particolare i nostri amici e parenti, e sempre meno alle “pagine”, in particolare quelle aziendali.
Visto che il tentativo è quello di rendere Facebook un luogo più “piacevole“: tra le righe molti esperti leggono un tentativo di mettere un limite allo spam, alle fake news e in generale ai contenuti irrilevanti. Ecco spiegato anche un giro di vite annunciato sui contenuti pensati per fare clickbait, come “tagga i tuoi amici” o “condividi se…”.
Il dato oggettivo è che le aziende che desiderano conservare lo stesso livello di visibilità su Facebook dovranno, presumibilmente, aumentare i budget per la promozione.

Snippet più lunghi. Cambia tutto o non cambia nulla?

Altra novità, meno “epocale” ma sicuramente più rilevante con le attività SEO, riguarda un cambiamento nei risultati di ricerca (Le SERP, come vengono definite in gergo): Google infatti ha iniziato a restituire sempre più risultati con snippet più lunghi: la descrizione al di sotto dell’indirizzo insomma, non sarà più limitata ai circa 160 caratteri canonici che abbiamo utilizzato finora, ma potrebbe arrivare anche a 320, e contenere informazioni aggiuntive come link a sezioni interne.
In realtà non è un reale cambiamento, questo tipo di snippet esiste almeno dal 2009, ma diverse ricerche indipendenti confermano come ora siano più presenti rispetto al passato.

Dobbiamo cambiare il modo di pensare alle meta description?

Tipicamente, le buone pratiche SEO spiegano come lo sippet corrisponda al campo

<meta name=”description”

che inseriamo in ciascuna pagina. Il che è vero, ma spesso i risultati di ricerca con snippet lunghi fanno eccezione: in questo caso infatti Google predilige scandagliare la nostra pagina alla ricerca di informazioni che, in base all’algoritmo, possono essere più utili all’utente, in base alla ricerca che ha fatto.
Quindi, non solo lo snippet spesso non corrisponderà più alla meta description, ma potrebbe (e per la verità accade piuttosto spesso), cambiare per la stessa pagina in funzione delle keyword per cui è presente in SERP.

Il consiglio pratico è quello di seguire il suggerimento di Moz: verificare se nelle SERP in cui il nostro sito è posizionato sono presenti long snippet e in quel caso provare a modificare la meta description rispondendo alla nuova specifica; ma sapendo che probabilmente Google continuerà a estrarre il testo che ritiene più rilevante dal corpo della pagina.


Lezione di SEO sugli snippet, un’integrazione

Purtroppo il sistema di Google Classroom non permette di inserire immagini in pagina (andrebbero allegate, il che ne mina la leggibilità), quindi riporto qui una brevissima ricerca appena effettuata proprio in merito agli snippet lunghi. Ecco come si presentano le due pagine di questo sito meglio indicizzate, in base alla keyword per la quale vengono raggiunte.

Pagina 1, dispense ECDL gratis

Meta description dichiarata:
<meta name=”description” content=”Un articolo-segnalibro per trovare rapidamente le dispense ECDL gratuite per i corsi ECDL Full Standard e Base, aggiornato periodicamente.”/>

Risultati nella ricerca:

“moduli ECDL pdf”

Risultati di ricerca ilkappa.com con snippet lungo

“ECDL libro download”

Risultati di ricerca ilkappa.com con snippet lungo

“Dispense moduli ECDL”

Risultati di ricerca ilkappa.com con snippet lungo

Pagina 2, Seo a Biella

Meta description dichiarata:
<meta name=”description” content=”Fare SEO a Biella, o in generale nella provincia italiana, e lavorare bene. Ecco un po’; della mia esperienza, come consulente e come insegnante SEO.”/>

Risultati nella ricerca:

“Posizionamento SEO Biella”

Risultati di ricerca ilkappa.com con snippet lungo

“Lezioni di SEO a Biella”

Risultati di ricerca ilkappa.com con snippet lungo

“SEO a Biella”

Come possiamo vedere, di sei SERP analizzate, solo una utilizza la meta description ed è anche l’unica con snippet “breve”. Se proviamo a pensare all’intenzione di ricerca è anche piuttosto comprensibile: si tratta di quella con l’intento più “generico”, quindi la meta description, presumibilmente, risponde alle esigenze dell’utente.

Come accennato, questo materiale è stato utilizzato all’interno di una lezione nel corso di Tecnico Grafico per il Multimedia e il Web Design presso EnAIP Piemonte, CSF di Biella. Riporto anche la stessa bibliografia:

Dichiarazione ufficiale di Mark Zuckerberg sul cambio negli algoritmi di Facebook;

Il mio articolo sul sito dell’agenzia di comunicazione Hydrogen sull’argomento

bitcoin rederizzati

Bitcoin: opportunità, mania, o qualcosa di diverso?

Tutti parlano di bitcoin: al di la delle speculazioni, è un argomento affascinante. (warning: cyberpunk inside!)

Ok, ammettiamolo: per chiunque non sia atterrato ieri da marte, criptovalute in generale e bitcoin in particolare ci sono letteralmente scoppiati in faccia. Ora, se io fossi furbo, preparerei un bell’articolo in cui racconto come si guadagna con i bitcoin, come si usano, come funzionano i wallet per le criptovalute e così via. Ma non qui. Prima di tutto perché l’ho già fatto altrove, parlando di dove pagare in bitcoin in Italia, e poi perchè, brava gente, prima di tutto non sono mai stato furbo, e infine questo è il mio blog e non si parla di cyberpunk da troppo.

Il legame fra bitcoin e cyberpunk è più profondo di quanto sia evidente

Ok, eliminiamo subito la parte facile: si, le criptovalute nascono, esistono (e terminano la loro esistenza) interamente in bit, e questo, per chi ha iniziato a parlare di Cyberpunk con il film whitewhashed di Ghost in the Shell o con il remake di Blade Runner, potrebbe essere sufficiente. Ma non per chi, ridendo e scherzando, nel ‘96 era già entrato e uscito dallo sprawl più volte. Intendiamoci, tutto contribuisce alla causa, per cui ben venga anche chi si avvicina alla cultura cyberpunk grazie al binomio inverosimilmente superficiale “Cyberpunk = tecnologia”, sperando che poi abbia modo di approfondire.
Quello che penso, tuttavia, è che il legame sia molto più profondo, e decisamente più stretto di così. Per spiegarlo, però, dobbiamo tornare alle basi.

Cosa contraddistingue la cultura Cyberpunk?

Molti associano la cultura Cyberpunk al binomio hight tech, low life, il che è, per sommi capi, corretto, e riassunto nella definizione stessa: Cyber- (high tech) e -punk (low life). Ma prima di annoiare tutti compreso me stesso, elaboro. Le verità è che la filosofia cyberpunk contiene molto di più. Prima di tutto, come tutte le culture -punk nate fra gli anni ‘70 e ‘80, è una celebrazione dell’individualità, rappresenta la lotta del singolo contro un mondo che lo vuole standardizzato, uniformato, inquadrato. Underdog contro corporazioni, low tech, hacker, e così via, per capirsi.

L’importante è che il singolo, o il gruppo di rivoluzionari, grazie al proprio talento, alla rabbia, e alla volontà di combattere uno status quo che lo vuole soffocare, ottiene il proprio riscatto.

La tecnologia diventa uno strumento di libertà, di rivoluzione. Abbatte torri dorate, avvia una rivoluzione dove non ci sono ghigliottine o giustizie di piazza, ma dati rubati, potere sottratto e benessere ridistribuito. Ti permette di studiare a prescindere dai tuoi mezzi economici, ti da un lavoro, ti mette un tetto sulla testa, ti fa trovare Chomba come te. In alcuni casi, fino a mettere su un gruppo di nerd che, con computer, cervello e competenze tecniche, mette in scacco una nazione, o il mondo intero.

Cyberpunk di ieri

Cyberpunk di ieri – via arasaka.tumblr.com

Il futuro è imploso nel presente.

Troppo lontano dai bitcoin? Tutto il contrario. Questa storia è molto vicina ai bitcoin. Perché, quel gruppo di nerd, invece di trovarsi in un seminterrato a consumare troppa caffeina, nel mondo reale mina bitcoin, progetta blockchain, crea intelligenze artificiali che fanno trading sulla valuta meglio degli esseri umani e, soprattutto, ha reinventato il denaro attraverso le criptovalute.

Bitcoin, dai bassifondi ai grattacieli. E ritorno?

Pensiamoci: uno strumento come bitcoin, nato come moneta indipendente e scollegata dalle diverse sovranità nazionali ed economiche, considerata per molto tempo una sorta di moneta “clandestina” accessibile solo a chi avesse abbastanza conoscenza e competenze, oggi fa il suo ingresso dalla porta principale nel mondo della finanza. I corporativi in giacca e cravatta possono fare finta di nulla, ma brava gente, ricordiamoci che Silk Road ha chiuso poco più di tre anni fa, e gli stessi giornali generalisti che oggi, non comprendendo il fenomeno come loro solito, parlano a sproposito di bitcoin come una sorta di moneta miracolosa che si moltiplica da sola, tre anni fa ne parlavano come di uno strumento inventato e usato da delinquenti.

Oggi, l’economia tradizionale rincorre i bitcoin e le criptovalute, senza capirle fino in fondo, rimuginando sul fatto che non è stata in grado di arrivare in tempo e fare cassa, e in estrema sintesi, comprando la valuta da quel gruppo di nerd che si è fatto furbo e ha sostituito i portatili con gli adesivi e le felpe con il cappuccio con gli ASICs e i cluster per minare, i servizi di wallett e così via. Più riscatto di così si muore.

Ma non è finita. Perché, in fondo, l’anima delle criptovalute risiede nelle blockchain. E le radici delle blockchain sono profondamente affondate nella parte più -punk della tecnologia, dalla progettazione all’implementazione, fino alla potenza di calcolo.

bitcoin mining farm

Cyberpunk di oggi – una bitcoin mining farm – via csef.ru

I punk hanno venduto alla finanza, alle corporazioni, un collare che queste ultime non vedono l’ora di mettersi. E, ovviamente, prima o poi qualcuno inizierà a strattonarlo.
Pensate le risate se, dopo avere incassato, un gruppo abbastanza consistente dei miner più potenti dovesse decidere di ritirare i propri nodi dalle reti delle diverse blockchain.

So long and thanks for all the fish.

Altro che lunedì nero del 1987.

E buon divertimento a chi, quella mattina, avrà un consiglio d’amministrazione da affrontare.

Noi, o meglio quelli di noi che sono stati abbastanza furbi qualche anno fa, saranno su una spiaggia a godersi i soldi di qualche economista frescone.

Esercizi ECDL

A cosa serve la certificazione ECDL

Una domanda con una risposta molto semplice e molto complessa al tempo stesso: a cosa serve l’ECDL?

La domanda in sé ha una risposta quasi scontata: serve a certificare le competenze di base o avanzate, in un settore informatico piuttosto specifico che, in assenza di una definizione migliore, possiamo definire l’informatica per l’ufficio. Chi è in possesso di un patentino, o certificazione, ECDL conseguito con la giusta serietà e una preparazione adeguata dovrebbe sapersi destreggiare, magari con qualche imbarazzo iniziale, fra tutte le necessita che oggi può avere chi usa il computer all’interno del suo lavoro e non è un tecnico.
A scanso di equivoci: se qualcuno degli amici che legge abitualmente queste pagine si è trovato nella condizione di ricevere richieste come Installa tu il nuovo router visto che hai il patentino, o recupera tu i dati persi per colpa dell’ultimo virus, stia pure sereno: il problema non è suo, ma di chi gli sta facendo le richieste sbagliate: chiedere interventi del genere a chi ha una Patente europea per l’uso del Computer, equivale a chiedere a chi ha la patente di guida di smontare il motore dell’auto.
Prima di divagare, veniamo al punto: la patente ECDL serve ad aumentare le nostre possibilità di essere assunti, in concreto. Per i dettagli specifici rimando alla pagina dedicata presente sul sito ufficiale italiano di ECDL, che non a caso si chiama proprio Spendibilità di ECDL.

Quindi la certificazione ECDL serve davvero?

Si, e in diversi settori:

Per l’ingresso nelle graduatorie docenti di 2° e 3° fascia, le certificazioni ECDL specialised garantiscono 1,5 punti, come descritto nel D.M. 374 del primo giugno 2017.

Per il personale ATA, il DM 640 del 30 agosto 2017 prevede, per l’aggiornamento delle graduatorie di istituto, un punteggio di valore anche per le certificazioni informatiche, secondo questa tabella:

punteggi graduatorie ECDL

la Nuova ECDL è praticamente identica a livello di punteggio:

punteggi graduatorie Nuova ECDL

Nella Pubblica amministrazione, a partire dalla legge Bassanini del 1998, è necessario dimostrare di conoscere l’uso del computer e almeno una lingua straniera. ECDL è un prerequisito in numerosi bandi e concorsi pubblici.

In campo privato, anche se qui i contorni si fanno molto più sfumati, ECDL è l’unica certificazione ad avere il riconoscimento Accredia pertanto, se dobbiamo passare da un colloquio per un’agenzia di lavoro, essere in possesso della patente ECDL è il solo modo ufficiale e riconosciuto per attestare le nostre competenze digitali in modo certo e univoco, e spesso viene usato come criterio di selezione per tutte le figure in cui viene richiesta la competenza nell’uso del computer.

Infine, nella scuola, ECDL è riconosciuta come credito formativo, sia negli istituti superiori, sia in numerosi corsi di laurea (ovviamente non in quelli del settore informatico!).

Tutte queste informazioni, che provengono dalla pagina di AICA possono insospettire i più diffidenti, in fondo è un po’ come chiedere all’oste se il vino è buono. Eppure, anche facendo qualche ricerca indipendente, noteremo che le cose stanno così.

La certificazione ECDL serve a trovare lavoro?

Abbastanza, soprattutto negli impieghi della pubblica amministrazione e dei settori ad essa vicini. Guardate cosa succede se cerchiamo semplicemente “ECDL” fra le notizie in Google:

ECDL nel mondo del Lavoro

Due concorsi pubblici, solo nell’ultimo mese, hanno la certificazione ECDL come requisito d’accesso. Non male, vero?

Insomma, come ogni tipo di riconoscimento, anche ECDL deve essere valutata nel suo contesto: ci sarà molto utile, sia a livello di opportunità sia a livello di competenze, per tutti gli impieghi in cui dobbiamo saper utilizzare il computer come strumento professionale. Naturalmente lo sarà molto meno per gli impieghi del settore informatico o dell’innovazione, in cui si da per scontato che le competenze digitali siano un requisito di partenza.
Ma se vogliamo avviare una carriera nella scuola, nel pubblico impiego o in altri settori dei servizi, è meglio se pensiamo seriamente di conseguire (o rispolverare) la nostra certificazione ECDL.

Attivare la compressione Gzip su Aruba

Attivare la compressione Gzip su Aruba

Per ottenere buoni risultati nei test di velocità come GTmetrix o Google pagespeed, ci viene suggerito di attivare la compressione Gzip. Ecco la mia esperienza e i miei suggerimenti.

Anche se di solito mi occupo soprattutto di SEO editoriale e strategia SEO, a volte capita di lavorare anche sulla parte tecnica: tornare alle origini, fra l’altro, mi fa sentire ancora webmaster, come quando questa professione aveva un senso. In ogni caso, visto che la piramide rovesciata incombe, ecco subito i miei consigli per un buon uso della compressione Gzip, poi tornerò sulle mie considerazioni dopo.

Compressione Gzip su Aruba: non usate quel codice!

Attivare_compressione_codice_sbagliato.jpg

Attenzione: questo codice per la compressione Gzip ha buone possibilità di schiantarvi il sito.

Partiamo da cosa NON fare assolutamente. Io sono incappato in questo codice (lo incollo sotto forma di immagine per chi va di fretta), da numerosissime fonti. Un caso più che palese di errore nei motori di ricerca, o meglio di inaffidabilità.

Questo codice si trova su moltissimi siti, ed è stato resiliente anche al mio fact checking, che di solito è piuttosto rigido; immagino che fosse un codice che è stato vero per un po’, magari con una vecchia versione di Apache o degli altri web server. Oppure, come accade sempre più spesso, qualcuno lo ha pubblicato, si è posizionato bene ed è partito l’assalto dei cloni, ovviamente senza che nessuno si sia preso il disturbo di verificare se fosse ancora valido. Ma se lo usate oggi compromette in modo piuttosto serio il file .htaccess, quello che bisogna modificare per attivare la compressione. In parole più semplici, il codice sopra, che è quello che si trova più facilmente cercando come si attiva la compressione Gzip su Aruba, vi manda in bomba il sito.

Attivare la compressione su Aruba: i passi giusti

Prima di tutto, un’avvertenza, che vale per tutti gli hosting: maneggiare il file .htaccess è un’operazione critica, che potenzialmente può bloccare tutti gli accessi al vostro sito. Quindi è consigliabile farsi aiutare da qualcuno che mastichi gli aspetti tecnici, che sia qualcuno che si occupa di ottimizzazione SEO come il sottoscritto, uno sviluppatore, un sistemista o in ogni caso qualcuno che abbia familiarità con concetti come FTP ed editor. In teoria, si tratta di qualcosa di semplice, ma è meglio salvare una copia di backup del file .htaccess prima di procedere. Scaricandolo direttamente dalla cartella FTP del nostro sito avremo anche la certezza di avere tutti i file e gli accessi necessari in caso di disaster recovery.

Poi, si può lavorare sul file. I codici che ho utilizzato per Aruba sono quelli trovati in questo post su HostingTalk.it. Ho avuto modo di sperimentare solo quelli del “classico” webserver Apache, ma visto che hanno funzionato non ho ragioni per pensare che gli altri consigli che troverete non siano altrettanto validi.

Nella pratica l’operazione è semplice: si tratta di aggiungere alcune righe di codice al file. Le prime da provare ad aggiungere sono le seguenti:

<IfModule pagespeed_module>
ModPagespeed on
</IfModule>

Queste tre righe sono sufficienti ad attivare il modulo mod_Pagespeed sviluppato da Google. Il mio consiglio è di salvare il file così modificato, caricarlo e testare su GTmetrix e Google Pagespeed se i risultati sono migliorati. Se tutto funziona, possiamo provare ad aggiungere queste altre righe e ripetere il test.

AddOutputFilterByType DEFLATE text/html
AddOutputFilterByType DEFLATE text/xml
AddOutputFilterByType DEFLATE text/css
AddOutputFilterByType DEFLATE application/xml
AddOutputFilterByType DEFLATE application/xhtml+xml
AddOutputFilterByType DEFLATE application/rss+xml
AddOutputFilterByType DEFLATE application/javascript
AddOutputFilterByType DEFLATE application/x-javascript

Queste sfruttano un altro motore di compressione, mod_deflate, il che in teoria le renderebbe ridondanti rispetto alle prime. Nel dubbio, ho notato che inserire entrambi i set non sembra avere controindicazioni, ma ammetto di non conoscere così a fondo il pianeta dei webserver da sapere se siamo nel campo dello sciamanesimo oppure no. (per la verità, se qualcuno potesse darmi una risposta definitiva e dirimente, sarebbe molto gentile ;) ).

Attivare la compressione Gzip serve?

Per dirla in gergo rigorosamente tecnico, f**k yes. Sul sito Aruba sul quale l’ho collaudata (fulci.it, di proprietà di un amico) e che non ha nessun altro tipo di ottimizzazione rigorosa, abbiamo avuto un incremento di un 20 – 25 punti su Pagespeed Insights e di una trentina di punti su GTmetrix.

Il sito che state leggendo si trova su Dreamhost e al momento usa un codice un po’ diverso,

<ifmodule mod_deflate.c>
AddOutputFilterByType DEFLATE text/text text/html text/plain text/xml text/css application/x-javascript application/javascript text/javascript
</ifmodule>

Ma su GTmetrix si comporta così:

I risultati su Pagespeed sono un po’ meno lusinghieri (57 / 71) ma hey! Un blog, mantenuto a “insulti, calci e nastro isolante” su un hosting condiviso: non mi posso lamentare.

Insomma, vale assolutamente la pena di attivare la compressione, ma bisogna fare i passi giusti con sicurezza e soprattutto avere pronto il piano B: un file .htaccess sicuramente funzionante da usare come backup, gli accessi FTP a posto e un editor di testo. Soprattutto se come me usate WordPress e se come me cedete alle lusinghe dei plugin.

Su WordPress editing facile del file .htaccess

Il popolare sistema di gestione dei contenuti ci permette di fare tutto in modo semplice. A volte, come in questo caso, anche troppo facile. Già il semplice plugin Yoast SEO ha una sezione Strumenti che ci permette, usando la voce modifica file, di gestire e modificare il nostro file .htaccess. Mister Yoast la fa apparire una cosa estremamente semplice (e in effetti dal punto di vista pratico lo è), ma si dimentica di dirci che se sbagliamo una virgola rompiamo (malissimo) il nostro sito. Dove “rompiamo malissimo” è da leggere come “nessuno può vedere il sito e non accedo più a nulla nemmeno piangendo sangue e masticando cocci di vetro” fino a quando non carico via FTP un file .htaccess funzionante o quantomeno elimino, sempre via FTP, quello che ho sfasciato perché pensavo avesse lo stesso impatto tecnico di una meta description.

Anche altri plugin più specifici hanno lo stesso problema: possiamo facilmente trovarne una secchiata facendo una ricerca nella directory dei plugin, ma la sostanza non cambia. Una piccola dimenticanza o un carattere sbagliato possono darci problemi.

Per concludere, il mio consiglio è di attivare senza dubbio la compressione Gzip, ma di farlo solo se siamo assolutamente sicuri di saperci mettere le mani anche in caso di problemi. In alternativa facciamolo fare a un tecnico o comunque a un esperto. Saranno comunque soldi spesi bene.

Lezioni di SEO alla Maniera ZEN

Lezioni di SEO alla maniera Zen II | Il valore dei numeri

Cosa sono i numeri?

Il Maestro Hideyoshi stava tenendo una delle sue lezioni di SEO, quando si rese conto di un forte brusio in fondo alla sala. Gli allievi più lontani si erano accorti che in fondo alla sala si erano raccolti alcuni senpai del Maestro Takuma che argomentavano le parole di Hideyoshi a voce alta.

Chi siete voi che interrompete la mia lezione con i vostri schiamazzi?

Siamo gli allievi prediletti del Maestro Takuma. Lui insegna l’Arte della SEO in modo diverso, e noi pensiamo che abbia ragione. Per questo, riteniamo che tu non sia degno di insegnare in questa scuola.

I segreti della SEO antica

Il maestro Takuma era noto per essere stato uno degli eroi della SEO dell’epoca passata, e i suoi insegnamenti seguivano una rigida tradizione. In particolare, egli era convinto che i numeri fossero tutto e che l’importante fosse raggiungere il maggior numero di persone possibili.

Posizionarsi, ripeteva come un mantra, posizionarsi è l’unica cosa che conta! Bisogna vedere grandi numeri per vedere grandi risultati!

Molti allievi, in particolare quelli provenienti dalle famiglie più antiche delle sette Province, accorrevano da ogni parte per seguire le sue lezioni e apprendere quelli che all’epoca erano noti come i Sette Segreti della SEO.

La SEO moderna non conosce segreti

Il Maestro Hydeyoshi, dal canto suo, si rifaceva a fonti ancora più antiche, in particolare agli insegnamenti del Bushido, che insegnavano come doti irrinunciabili di un vero Samurai prontezza di spirito, flessibilità e capacità di cogliere i cambiamenti. Egli spesso apriva le sue lezioni con alcuni dei distici del Credo Zen dei Samurai, che lui riteneva particolarmente significativi:

Non ho progetti, cogliere l’opportunità è il mio progetto.

Non ho principi, l’adattabilità alle cose, ecco il mio principio.

Non ho tattica, il vuoto e il pieno sono la mia tattica.

Non ho talento, lo spirito pronto è il mio talento.

Inoltre, si rifaceva spesso ai principi della Spada, che insegnano che ogni colpo dovrebbe essere sferrato per essere letale, e al moderno principio del seiryoku-zen’yo, il miglior impiego delle energie.

Le due scuole della SEO a confronto

Secondo Hydeyoshi il principio secondo il quale era indispensabile parlare a tutti indistintamente era superato: molto meglio cogliere fra i molti i pochi con il giusto spirito. E proprio questo lo metteva spesso in contrasto con Takuma e gli altri maestri più tradizionalisti. E spesso gli allievi più scalmanati davano vita a episodi come quello.

Così voi venite nelle mie aule a mancare di rispetto a me e ai miei allievi. Sentiamo dunque cosa avete da dire. Disse Hydeyoshi con il suo solito tono pacato.

Tu insegni che i numeri non sono importanti, e che bisogna scegliere, e parlare con i pochi affini. Ma come puoi pensare di avere successo, se la moltitudine non sa chi sei?

 

Il Maestro non rispose ma, attraversando tutta l’aula e uscendo dalla porta si limitò a fare cenno a tutti di seguirlo.

I suoi allievi e quelli del Maestro Takuma lo seguirono. Dopo un lungo silenzioso cammino giunsero al grande mercato che si teneva in città quel giorno.

“Il Canto e il Silenzio”

Hideyoshi li condusse prima nei pressi della tenda di un monaco. Al centro della struttura, spoglia ed essenziale, il monaco sedeva in meditazione. In quel momento una anziana signora arrivò a chiedere consiglio. Il monaco infatti offriva cure e medicamenti, come recitava una modesta insegna.
Gli allievi del maestro Takuma rumoreggiavano: “Questo deve essere davvero un monaco da due soldi! Guardate come è vuota la sua tenda! E nessuno si accalca per le sue cure!”.

Hydeyoshi, senza parlare, li condusse poi nei pressi del banco di un imbonitore. Rosso in viso, scarmigliato, si muoveva da una parte all’altra della tenda, stipata di vasi e vasetti, decantando a gran voce le qualità del suo olio di serpente*, tanto che davanti a lui aveva sempre una piccola folla. L’uomo, quasi alterato, parlava in modo serrato, rapido, con un lieve affanno, in tono baritonale, ammiccando alla folla e raccontando i miracoli del suo unguento.

Questo si che deve essere un grande medico! Che folla, che voce!”. Gli allievi del maestro Takuma erano deliziati.

Rimasero al mercato tutto il giorno. Quando i commercianti iniziavano a ritirarsi, il Maestro divise gli allievi in due gruppi, e li mandò a parlare con il monaco e l’imbonitore.

Tornarono poco dopo. Il maestro diede prima la parola agli allievi del Maestro Takuma.

“L’imbonitore ci ha detto che è stata un’ottima giornata! Non c’è una persona del mercato che non si sia fermata dinanzi ai suoi padiglioni!”

Risultati immagini per japanese snake oil

Una dimostrazione che include un venditore esagitato, una spada e un prodotto di dubbia qualità: cosa può andare storto? (fonte foto: https://www.youtube.com/watch?v=UlESvt4AsR8)

I suoi allievi, recatisi dal monaco, raccontarono:

Per monaco è stata una giornata tranquilla. Ha meditato, contemplato e curato le persone”.

Tecniche SEO: i numeri che parlano più dei numeri

Hideyoshi sorrise, saggio e benevolo:

Quanti unguenti ha venduto l’imbonitore?

“più trenta!” risposero quasi in coro gli allievi di Takuma

Quante persone ha curato il monaco?

“Dieci”, risposero i suoi allievi.

E quanto costa un vaso di olio di serpente?

Cento Mon!”

Quante donazioni ha ricevuto il monaco?

Duemilasettecentoventicinque Mon”.

Vedendo il dubbio che si faceva strada negli occhi degli allievi, prese posto sulle pietre di un giardino poco distante.

Secondo quanto mi dite, sono duecentosettantacinque i Mon che separano l’imbonitore dal monaco. Dunque la mia domanda è questa: secondo voi quanto tempo, fatica, denaro e sforzo richiede il suo lavoro? Guardate quell’uomo ora: dorme sulla sua sedia senza nemmeno aver avuto la forza di chiudere la sua tenda. Il monaco, proprio ora, ha iniziato a fare i suoi esercizi, e la sua tenda è già pronta per domani.

Dunque, il monaco ha parlato con poche persone e tutte, o quasi, hanno scelto le sue cure e gli hanno donato ciò di cui aveva bisogno. Questo è lo spirito del seiryoku-zen’yo, il miglior impiego delle energie.

Il mercante ha dovuto prosciugare ogni sua forza per tenere in piedi la sua rappresentazione per tutto il giorno, e sono certo che il denaro guadagnato in più non sarà nemmeno sufficiente per comprare altro unguento, spostare le sue merci e farle sorvegliare. Questo non è un buon impiego delle energie. Nessuna tecnica SEO, nessun trucco potrà mai restituirvi l’energia che avete sprecato per un vantaggio marginale, che se ne andrà in sforzo, fatica, tempo e risorse. Meglio dunque impiegare fin da subito le energie nel modo migliore, dialogando con le persone che hanno realmente bisogno di voi, senza bisogno di far sentire la vostra voce a chiunque indistintamente. Con le antiche tecniche ottenete il solo risultato di assordare chi non ha bisogno di voi e non avere voce per chi vi sta cercando.

Gli allievi rimasero qualche istante in silenzio. Anche i più audaci non poterono fare altro che guardare il Maestro Hideyoshi con fare di sfida, prima di inchinarsi e allontanarsi.

Lezioni di SEO alla maniera Zen – oltre il racconto

Anche questa volta, dietro a un piccolo divertimento, si nasconde uno degli argomenti che più riscaldano le discussioni sulla SEO (anche se per la verità accade praticamente la stessa cosa in ogni settore del marketing). La “vecchia scuola” vuole che si inseguano le keyword a ogni costo, si parli di un argomento perché “tira” e così via. Il che, nella maggior parte dei casi, genera mostri, soprattutto quando la connessione è evidentemente forzata. Insomma, si costruisce il piano di comunicazione sulla base del traffico delle keyword e del sentiment.

Spesso, durante i miei corsi e le mie lezioni di SEO, definisco questo modo di agire “costruire il piano editoriale con BuzzSumo”, a indicare chi, invece della propria rotta, preferisce lasciarsi trascinare dalla corrente. I difetti principali che vedo in questo sistema sono almeno tre:

  • Siamo e saremo sempre schiavi delle mode e delle contingenze (oltre che degli strumenti);
  • Non avremo nulla che ci differenzia da chi ha accesso ai medesimi strumenti e usa la stessa tecnica;
  • Ma soprattutto, non abbiamo alcuna garanzia di rivolgerci al nostro pubblico.

Una scuola che si sta facendo sempre più strada, anche in questo caso mutuata dal marketing, in particolare da quello non convenzionale, è quella di parlare esclusivamente al proprio pubblico, o quantomeno alle persone che, in qualche modo, hanno affinità con noi.

In altre parole, abbiamo davvero bisogno di una pagina posizionata per una parola chiave “forte” con un contenuto che spesso è al limite dello scam? Se pensiamo di si, chiediamoci cosa ce ne facciamo di quindicimila visitatori al giorno se poi il tempo di permanenza è di dieci secondi e il bounce rate è al 96%. Abbiamo sprecato tempo ed energie per coinvolgere 600 persone, forse. Se avessimo parlato alla nostra nicchia, con ogni probabilità avremmo ottenuto lo stesso posizionamento con una frazione dello sforzo, con il vantaggio di avere un pubblico molto più fedele, che probabilmente tornerà a prescindere dai motori di ricerca (il fine ultimo, per chi non vende, deve essere il bookmark!).
Oltretutto, ci addentriamo decisamente nelle finezze, avere meno utenti significa usare meno risorse del server, meno banda, meno memoria e in generale avere meno “grane” tecniche.

Illustrazione di un maestro Zen

L’impassibile Maestro Hideyoshi sempre intento a meditare sui segreti della SEO (…?)

Pochi ma buoni? Non proprio ma…

Ovviamente il vantaggio è più percepibile per i siti commerciali: chiunque vorrebbe avere il 100% degli utenti che acquistano!
Ma anche per chi guadagna sulla pubblicità o comunque ha un modello di business basato sui contenuti, per controintuitivo che possa sembrare, è preferibile avere un numero minore di utenti di qualità invece di servire decine di migliaia di pagine per sessioni da 1,10 pagine di media. Perché?

Semplice: se una persona naviga a lungo sul nostro sito, significa che ha trovato quello che sta cercando. Di conseguenza, se siamo stati bravi anche con l’advertising, significa che probabilmente anche i nostri annunci (o le iniziative di affiliazione, o quello che vogliamo) sarà ugualmente pertinente. Quindi, più interessante.

Quindi, ecco che ritorna attuale il il miglior impiego delle energie: più saremo accorti, più i nostri sforzi saranno efficaci.

#writeforhumans

Immagine di apertura dell’utente ncoll36 di Deviantart, rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribution-Noncommercial-No Derivative Works 3.0.

 

Cyberpunk News: Mondo 2000 ritorna a pubblicare

Spesso il caso, o il destino, per chi ci crede, è più bravo di noi a fare i nostri interessi. Così, capita che in una domenica pomeriggio fra le più pigre degli ultimi mesi, senza sapere bene cosa fare, mi trovo a riaprire il buon vecchio slashdot dopo mesi. Fra le notizie, molte delle quali in apparenza sempre più lontane dal mio mondo, me ne salta agli occhi una.

La notizia del rilancio di Mondo 2000 su Slashdot

La notizia del rilancio di Mondo 2000 su Slashdot

Apparentemente, uno dei tanti tentativi di rilancio, più o meno riusciti, basati sull’effetto nostalgia. Ma il vecchio cane dello Sprawl che dorme in fondo ai miei ricordi, legge il paragrafo sotto e le parole hypercultureinteractive mutational forms lo mettono in allarme come il campanello di quel certo Pavlov. Così mi faccio un giro sul sito di Mondo 2000 e scopro con gioia che non ho completamente perso l’occhio.

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Il barone di Munchausen e i segreti SEO

11 Segreti SEO da usare assolutamente, se vuoi perdere tempo

Lo sostengo da sempre, come può testimoniare chi ha seguito le mie lezioni di SEO o di web marketing in generale: il mondo della SEO è pieno di fuffa, e una parte piuttosto significativa degli esperti SEO vende olio di serpente, ripetendo praticamente a memoria una serie di Segreti SEO e tecniche SEO che nella migliore delle ipotesi fanno solo confusione nella testa di chi compra il servizio.

Nella peggiore fanno clamorosi danni alle convinzioni sulla SEO. Se qualcuno sta pensando a certi semafori che devono essere tutti verdi, alla keyword density e ad altre credenze animistiche del genere, non sono nemmeno le peggiori.
Provate per esempio a venire a capo dell’eterno dibattito sulle keyword in grassetto versus keyword non in grassetto. Fate qualche ricerca e verrete proiettati in un mondo splendidamente surreale, con dei picchi che nemmeno il compianto Pratchett avrebbe potuto raggiungere con quella faccenda del cavallo di legno nella guerra tra Efebe e Tsort. Fra il ridicolo e l’assurdo si passa da “Le keyword vanno enfatizzate perché così i crawler le rilevano prima” a “Omioddio! Non mettere mai le keyword in maiuscolo perché se le metti Google pensa che vuoi spammare e ti penalizza”. Con ogni possibile sfumatura nel mezzo, a seconda di quando il consulente SEO di turno si è addormentato sulla tastiera leggendo male e capendo peggio le discussioni che ci sono sui vari forum di specialisti. (Pro tip: fate come preferite, l’importante è che sia funzionale alla lettura e pertinente. Come sempre, chi non usa trucchetti SEO da due soldi non ha nulla da temere).

I segreti SEO e le disanime in corso

Il Mangiafuoco di Pinocchio ha segreti SEO mai sentiti prima!

Un tipico seminario SEO ;)

Quello raccontato poco sopra è solo uno dei tanti esempi fra la tragedia e la commedia che si leggono e sentono ogni giorno. Per fortuna ci ha pensato il buon Jeff Bullas che ha stilato qualche tempo fa una lista chiamata 11 miti sulla SEO a cui dovete smettere di credere oggi. Per fortuna perché forse, leggendolo dalle pagine del suo blog e trattandosi di uno dei maggiori esperti di SEO al mondo, ci sono buone possibilità che qualcuno lo ascolti. Ho pensato di tradurre almeno i titoli e le spiegazioni principali a favore di chi va di fretta e non mastica troppo l’inglese, aggiungendo di tanto in tanto qualche mio commento in corsivo.

11 “Segreti SEO” che vi condurranno a rovina sicura

1. La SEO è una fregatura

Il mito: Consulenti SEO dalla lingua sciolta fanno consulenze da capogiro per fornire servizi senza spiegazioni, che non fanno quasi nulla e potrebbero addirittura penalizzare il vostro sito.

La realtà: La SEO non è una fregatura. Moz in tre anni usando SEO e Content Marketing ha raddoppiato le ricerche organiche.

Jeff Bullas la spiega meglio e più diffusamente, ma la ragione per cui è nato questo mito è ovviamente da cercare in tutti i furbetti che negli anni hanno usato e stanno usando trucchetti e tecniche fantasiose per mostrare incrementi di ranking e di traffico mirabolanti, che poi crollano come castelli di carte appena la tecnica viene riconosciuta illecita. Ma quella non è SEO, sono porcherie.

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Lezioni di SEO alla Maniera ZEN

Lezioni di SEO alla maniera Zen

Il Maestro e l’arte della SEO

Il Maestro Hideyoshi era conosciuto e rispettato per la sua illuminazione. Il potere della sua parola era conosciuto e rispettato in tutte e sette le province; quando teneva le sue lezioni di SEO, radunava allievi anche dalle città vicine.

Un giorno, mentre camminava nei giardini del palazzo imperiale prima della sua lezione, gli si avvicinò un allievo, chiedendo il permesso di fare una domanda.

Il maestro, facendo cenno all’allievo di sedersi accanto a lui, lo invitò a parlare con un cenno del capo.

Tanta era la fama del maestro e tale l’effetto delle sue parole che subito intorno a loro si radunò una folla di allievi e di altri maestri.

Maestro Hideyoshi, voi ogni giorno ci mostrate la Via della SEO, ma essa ancora mi sfugge. Qual è la conquista finale della nobile arte della SEO? Disse l’allievo, intimorito dalla folla.

Lezioni di SEO: il Primo Gradino

A quelle parole, il maestro si alzò in piedi e, indicando un punto del parco con il suo bastone disse:

“Vedete laggiù, dove si allenano nell’arte della spada i giovani allievi? Grande è la loro determinazione e il loro impegno. Conoscono le tecniche, le studiano, le praticano. Ma i loro movimenti sono impacciati, perché la conoscenza ancora non scorre fluida in loro. Il primo gradino nell’Arte della SEO è la SEO nella mano dell’uomo. Come quei giovani, l’uomo conosce, studia, si migliora. Ogni giorno la sua tecnica diviene più fluida, e la sua mano sicura”.

Lezioni di SEO: il Secondo Gradino

Vedendo che il dubbio non si dileguava dagli occhi dei presenti, il maestro indicò un altro punto del parco.

“Vedete laggiù, dove i senpai si allenano nel kata? La loro determinazione è ancora più salda, i loro occhi più sicuri. La loro tecnica è fluida, i movimenti impeccabili, ma ancora sono legati e costretti dalla Forma. La conoscenza scorre con forza, ma è trattenuta come l’acqua in un canale. Non potrebbero scendere in combattimento o in guerra, il loro passo non sarebbe sicuro. Il secondo gradino nell’Arte della SEO è la SEO nella mente dell’uomo. Ormai la mano si muove da sola, la mente conosce tutti i princìpi, ed è pronta ad apprenderne di nuovi”.

Ciò detto, si incamminò verso il tempio per la lezione.

Il Segreto della SEO rivelato

Maestro Hideyoshi, è dunque questo il segreto della SEO?

Il maestro, sospirò, fermandosi e, senza voltarsi, indicò un terzo punto del parco, dove il Maestro Yuddai affrontava gli avversari in combattimento. Il Maestro Yuddai era famoso in tutto l’Impero per non essere mai stato battuto.

“Tutti voi conoscete il Maestro Yuddai per la sua potenza Vedete come atterra gli avversari uno dopo l’altro?”

Gli allievi erano senza parole, tante erano la grazia e la forza del Maestro Yuddai nel combattere.

Senza dubbio egli è il più grande fra i grandi, e la sua tecnica non ha eguali. Risposero gli allievi.

“Bene” – continuò Hideyoshi – “Dunque, nominatemi le tecniche che il Maestro sta usando mentre combatte”.

Dopo alcuni minuti di silenzio, il saggio Hideyoshi ripetè la domanda.

Maestro, non siamo in grado di nominare le tecniche usate dal grande Yuddai. Sono forse di una scuola segreta?

Hideyoshi si voltò con un sorriso sincero: “Io stesso non conosco le tecniche del Maestro Yuddai, perché nessuno le ha mai usate prima. Egli è il più grande fra di noi, e sa eseguire ogni tecnica in maniera sopraffina. Eppure quando combatte, non usa alcuna tecnica conosciuta. Questo perché la Via è così radicata in lui da guidarne ogni passo. Il terzo gradino dell’Arte della SEO è l’assenza della SEO dalla mente e dalla mano dell’uomo. Solo così la vostra tecnica sarà senza eguali, e il vostro nome verrà tramandato dai maestri”.

Illustrazione di un maestro Zen
Il Maestro Hideyoshi mentre medita sui segreti della SEO (probabilmente…?)

Nota a margine:

un piccolo divertimento domenicale per ricordare, soprattutto a me stesso, che un’altra via è sempre possibile, e che si può parlare di ogni cosa in modo diverso, senza dimenticare o snaturare le proprie origini. Il senso di questo modestissimo divertimento sotto forma di racconto Zen tuttavia, è serissimo: non ci sono trucchetti, non ci sono “trucchi SEO” o “cinque tecniche infallibili”. Ci sono studio, dedizione, impegno. C’è provare, cadere, rialzarsi. Ci sono le prove, gli esperimenti, i tentativi. Chi ragiona per “regole”, per “ho letto che”, “Gino scrive che”, esattamente come nelle arti marziali, sarà sempre relegato al grado di allievo. Perché, come nelle arti marziali, la tecnica perfetta, se non si sa combattere, serve solo a dimostrare la propria abilità agli altri allievi. Ma non serve a nulla sul campo di battaglia.
E, come sempre, la morale è una: fino a quando scriveremo per le macchine e non per gli esseri umani, alla nostra arte mancherà qualcosa. Fino a quando ci fideremo di regole preconfezionate, e non proveremo a metterci un po’ del nostro spirito e della nostra anima, saremo sempre esecutori: intercambiabili, anonimi, senza personalità. E ci condanneremo a strategie tutte uguali, fatte per linee editoriali tutte uguali, pensate solo per soddisfare quello che alcuni pensano sia il “giudizio” dell’algoritmo di Google.

Che poi è il motivo principale per cui mi sono lanciato in questo ciclo di lezioni di SEO: l’unico vero modo per mettere alla prova la propria conoscenza, è quello di provare a trasmetterla ad altri.

Come sempre, #writeforhumans.

Immagine di apertura dell’utente ncoll36 di Deviantart, rilasciata sotto licenza Creative Commons Attribution-Noncommercial-No Derivative Works 3.0.

Lezioni di SEO

Lezioni di SEO: le più importanti sono sulla tua pelle

Qualche giorno fa, come mi sembra sia abbastanza noto dai risultati ottenuti, ho fatto un piccolo esperimento, creando una pagina che parlava di come si lavora con la SEO a Biella e in provincia in generale.

Quel post, ovviamente, era sia un modo divertente per dire alcune cose, sia un esperimento per vedere quanto fosse facile o difficile scalare la SERP su una parola chiave piuttosto presidiata ma molto verticale; si è trasformata in una delle lezioni di SEO più importanti della mia vita recente.

SEO, Biella. Esperimento riuscito. A metà.

Bene, le cose sono andate in modo imprevedibile. Appena il buon vecchio Google ha recepito il post, questo è volato in terza posizione. Onestamente, mi aspettavo qualcosa visti i volumi in gioco e la struttura della SERP di Google (sulla cui analisi ho imparato più in un’ora di corso del buon Alberto Puliafito che nella totalità delle robe che i vari guru spacciano in giro). Ma direttamente in terza posizione, subito dopo due pagine di chi ci ha investito tempo e risorse, è una specie di wet dream per chi lavora (o si diverte, come il sottoscritto) con la SEO.

posizionamento SERP ilkappa.com

E questa è la metà buona.

Quella cattiva è che il giorno dopo la pagina è stata calcioruotata fuori dalla SERP di Google. Non retrocessa, proprio sparita. Anche cercando nel solo sito, la pagina non era visibile.

Cosa succede quando una pagina sparisce improvvisamente dalla SERP

Il primo istinto, per un consulente SEO, è comprare abbastanza medicinali contro l’ansia da sedare un intero gruppo di whatsapp di mamme informate. Poi però bisogna iniziare con le cose serie.

Check list minima in caso di pagine sparite dalla SERP

  • la pagina è ancora raggiungibile?
  • la pagina è ancora in sitemap?
  • la pagina è raggiungibile attraverso la serp di altri motori, per esempio Bing?
  • la pagina è sparita per una sola parola chiave, per le sue derivate o per qualsiasi cosa?

Nel mio caso specifico, tutto ok fino a Bing. Poi, zero. Anche scandagliando tutte le pagine che Google vedeva del mio sito. Cosa era successo? Mistero. E panico.

Una pagina del mio sito è sparita dalla SERP. Cosa può essere successo?

Gran bella domanda, per rispondere alla quale devo prima chiudere la vicenda: la pagina è tornata in SERP dopo qualche giorno. (mentre sto scrivendo è al quinto posto per “SEO a Biella” e nona per “SEO Biella”, un risultato comunque interessante).

Dopo un po’ di studio e qualche analisi, mi sono convinto che per quello che è accaduto esistono tre possibilità, che elenco dalla più incredibile a quella che secondo me è più realistica:

  1. La mia pagina è stata rimossa dalla SERP in seguito a una segnalazione.
    • Ipotesi: Google mette a disposizione uno strumento apposito per segnalare pagine con contenuti non conformi e non di qualità, e anche se non è così raggiungibile, un bravo esperto SEO sa perfettamente dove si trova.
    • Tesi: Tuttavia mi sembra fantascienza che qualcuno si sia preso una tale briga per eliminare un “concorrente” o perché indispettito dal mio operato. Diciamo che questa ipotesi è servita più che altro a massaggiare il mio ego.
  2. La mia pagina è stata rimossa dalla SERP perché sovraottimizzata
    • Ipotesi: Fra gli esperti di SEO e coloro che vorrebbero diventarlo come il sottoscritto, è cosa più che nota che a Google non piacciono i giochetti. Sarebbe più corretto dire che nel 2017 lo sanno anche i sassi che scrivere per forzare il posizionamento di parole chiave e fare altre cose strane ci trascina verso il baratro. E la pagina che ho realizzato era, per molti aspetti, un esperimento per vedere quale fosse il limite fra una forzatura “sana” delle parole chiave e un coacervo di trucchetti, anche se di quelli veniali.
    • Tesi: L’algoritmo di Google tuttavia è piuttosto “sveglio” e di solito le pagine “stuffate” escono dalla SERP soprattutto se vengono modificate e gonfiate intollerabilmente dopo esservi entrate. Altrimenti, solitamente, vengono relegate fin da subito ai risultati più remoti. Vero è anche che con i volumi in gioco è possibile che il tempo macchina dedicato alla scansione sia stato in prima istanza talmente poco da permettere solo un controllo di superficie (ma, in tutta onestà, non so quanto il crawler sia un algoritmo time-critical).
  3. La mia pagina è stata rimossa dalla SERP perché ho generato “artificialmente” un volume anomalo.
    • Ipotesi: Nessuno sa bene cosa succede sotto il cofano di Google (ricordiamoci che la SEO è per una buona parte fatta di ipotesi e reverse engeneering casereccio), ma una cosa è certa: i nodi vengono al pettine e le anomalie non passano inosservate. Ovviamente, dopo aver posizionato la pagina, ho passato qualche giorno a mostrarla a colleghi e amici esperti, un po’ perché mi sembrava una lezione di SEO empirica interessante, un po’ perché come tutti i giornalisti, ho un ego famelico. Questo ha senza dubbio generato un volume di ricerche anomalo, su parole chiave e derivate a volumi così bassi.
    • Tesi: suona un campanello, la pagina viene “sospesa”. Nel frattempo il sistema verifica se la pagina in sé ha problemi o forzature, oppure se le visite sono state pilotate in qualche modo non lecito. Dopo qualche giorno, verificato che non ci sono state particolari stranezze, probabilmente la pagina viene nuovamente indicizzata. Per mia fortuna, la forzatura è stata dettata soprattutto dall’ingenuità: non avendo tenuto in considerazione i volumi, non pensavo che la ventina di visite “agevolate” dai miei contatti potessero suonare come qualcosa di illecito. Tuttavia mi sembra l’ipotesi più credibile perché la pagina è tornata al suo posto.

Cosa ho imparato dalla mia pagina sparita dalla SERP e poi riammessa?

Diverse cose, ma soprattutto ho avuto alcune conferme.
La prima è che, come già i più esperti sostengono da tempo, Google non “penalizza”: ti rimuove e basta. Può essere un cartellino giallo o rosso, ma per intanto la tua pagina viene “accomodata” non solo fuori dalle SERP, ma proprio fuori dall’indice. Insomma, le ammonizioni non esistono: se la mia pagina perde posizioni, è perché le informazioni non sono più così utili o perché altri stanno facendo un lavoro migliore del mio. Se istigo Google a passare con la mannaia, sparisco. Ma non vengo “retrocesso” o “indietreggiato” artificialmente.

Secondariamente, che i giochetti non pagano mai, anzi. Tutto quello che suona poco meno che naturale, fa scattare i sistemi di allarme. E se ha “tirato le orecchie” a me per una cosa ultra verticale e ultra locale come quella di cui racconto, figuriamoci cosa può capitare dove ci sono i volumi veri e la competizione è spietata.

Terzo, che però la qualità paga sempre e che #writeforhumans è davvero la strada. L’unico motivo per cui la mia pagina si è “salvata” è perché, al di là di qualche piccola furberia, è stata pensata davvero con l’intenzione di dire qualcosa, di raccontare un’esperienza, di essere utile. Ma soprattutto, di essere frutto di una esperienza diretta e unica.
Quindi, ancora una volta: l’unico vero “trucco SEO” di cui abbiamo veramente bisogno è quello più difficile da accettare: scrivere bene e dare informazioni rilevanti è il primo punto in cima alla lista.
Dopo, spesso molto più in basso, viene tutto il resto.