Il barone di Munchausen e i segreti SEO

11 Segreti SEO da usare assolutamente, se vuoi perdere tempo

Lo sostengo da sempre, come può testimoniare chi ha seguito le mie lezioni di SEO o di web marketing in generale: il mondo della SEO è pieno di fuffa, e una parte piuttosto significativa degli esperti SEO vende olio di serpente, ripetendo praticamente a memoria una serie di Segreti SEO e tecniche SEO che nella migliore delle ipotesi fanno solo confusione nella testa di chi compra il servizio.

Nella peggiore fanno clamorosi danni alle convinzioni sulla SEO. Se qualcuno sta pensando a certi semafori che devono essere tutti verdi, alla keyword density e ad altre credenze animistiche del genere, non sono nemmeno le peggiori.
Provate per esempio a venire a capo dell’eterno dibattito sulle keyword in grassetto versus keyword non in grassetto. Fate qualche ricerca e verrete proiettati in un mondo splendidamente surreale, con dei picchi che nemmeno il compianto Pratchett avrebbe potuto raggiungere con quella faccenda del cavallo di legno nella guerra tra Efebe e Tsort. Fra il ridicolo e l’assurdo si passa da “Le keyword vanno enfatizzate perché così i crawler le rilevano prima” a “Omioddio! Non mettere mai le keyword in maiuscolo perché se le metti Google pensa che vuoi spammare e ti penalizza”. Con ogni possibile sfumatura nel mezzo, a seconda di quando il consulente SEO di turno si è addormentato sulla tastiera leggendo male e capendo peggio le discussioni che ci sono sui vari forum di specialisti. (Pro tip: fate come preferite, l’importante è che sia funzionale alla lettura e pertinente. Come sempre, chi non usa trucchetti SEO da due soldi non ha nulla da temere).

I segreti SEO e le disanime in corso

Il Mangiafuoco di Pinocchio ha segreti SEO mai sentiti prima!

Un tipico seminario SEO ;)

Quello raccontato poco sopra è solo uno dei tanti esempi fra la tragedia e la commedia che si leggono e sentono ogni giorno. Per fortuna ci ha pensato il buon Jeff Bullas che ha stilato qualche tempo fa una lista chiamata 11 miti sulla SEO a cui dovete smettere di credere oggi. Per fortuna perché forse, leggendolo dalle pagine del suo blog e trattandosi di uno dei maggiori esperti di SEO al mondo, ci sono buone possibilità che qualcuno lo ascolti. Ho pensato di tradurre almeno i titoli e le spiegazioni principali a favore di chi va di fretta e non mastica troppo l’inglese, aggiungendo di tanto in tanto qualche mio commento in corsivo.

11 “Segreti SEO” che vi condurranno a rovina sicura

1. La SEO è una fregatura

Il mito: Consulenti SEO dalla lingua sciolta fanno consulenze da capogiro per fornire servizi senza spiegazioni, che non fanno quasi nulla e potrebbero addirittura penalizzare il vostro sito.

La realtà: La SEO non è una fregatura. Moz in tre anni usando SEO e Content Marketing ha raddoppiato le ricerche organiche.

Jeff Bullas la spiega meglio e più diffusamente, ma la ragione per cui è nato questo mito è ovviamente da cercare in tutti i furbetti che negli anni hanno usato e stanno usando trucchetti e tecniche fantasiose per mostrare incrementi di ranking e di traffico mirabolanti, che poi crollano come castelli di carte appena la tecnica viene riconosciuta illecita. Ma quella non è SEO, sono porcherie.

2. Reagire rapidamente agli aggiornamenti dell’algoritmo [di Google] ti fa avere più successo

Il mito: ogni volta che Google aggiorna il suo algoritmo di valutazione delle ricerche organiche, hai bisogno di fare cambiamenti al tuo sito il più presto possibile per restare in cima.

La realtà: Google aggiorna il suo algoritmo circa 500 volte all’anno. Gli unici aggiornamenti di cui vale la pena occuparsi sono quelli maggiori.

Peraltro, di solito Google fornisce con largo anticipo avvisi e documentazione, nel caso di aggiornamenti maggiori come il “mobile first”. In tutti gli altri casi, gli esperti SEO che lavorano correttamente, non hanno nulla da temere.

3. Se ottimizzi per Google sei sistemato per tutti i motori di ricerca

Il mito: non devi preoccuparti di ottimizzare per gli altri motori di ricerca se hai ottimizzato per Google.

La realtà: Google copre la maggior parte del mercato, ma ci sono nicchie significative che bisogna considerare. Bing cresce, e usa meccaniche molto diverse. Chi punta al 100% dei potenziali visitatori dovrebbe ottimizzare almeno per i tre motori di ricerca principali [del proprio paese].

4. HTTPS non è importante a meno che tu non venda qualcosa

Il mito: devi preoccuparti della crittografia HTTPS solo se vendi. Altrimenti va bene HTTP.

La realtà: Errore. Secondo Mozilla, all’inizio del 2017, il traffico via HTTPS crittografato ha superato quello in chiaro. E Google ha già annunciato in più di un’occasione di voler privilegiare i siti che usano la versione sicura del protocollo.

5. Usare i tag H1 migliora il posizionamento SEO nelle ricerche

Il mito: usare i tag H1 è obbligatorio quando si parla di buone pratiche SEO

La realtà: Non è del tutto vero. I tag H1 [e gli altri tag H] contribuiscono a rendere il testo più organizzato e leggibile e rendono il sito più facile anche da implementare. Non contribuiscono direttamente al posizionamento.

Matt Cutt ha dichiarato esplicitamente in un video che non importa se usiamo i tag H1 o H2. Quello che importa è che le pagine contengano informazioni utili e rilevanti. [ho sentito qualcuno dire #writeforhumans?].

Aggiungo, visto che siamo in Italia e alcune cose che dovrebbero essere scontate non lo sono, che tutta questa mitologia sugli H1, H2, e così via è nata, come accade fin troppo spesso, da una serie di fraintendimenti. Spiego rapidamente:

Oggi Charles Ponzi farebbe il consulente SEO.

Oggi Charles Ponzi farebbe il consulente SEO ;)

c’è stato un tempo in cui tutti se ne fregavano allegramente delle raccomandazioni HTML e i siti web venivano impaginati al grido di “basta che si veda bene”. In quegli anni gli “H” sono stati oggetto di ogni possibile vessazione: come contenitori per elementi grafici, come voci di menu, come elementi della grafica del sito. Tutti usi che ovviamente non avevano niente a che vedere con l’origine dei tag H, che è sempre stata quella di essere intestazioni di paragrafo per la scrittura. Visto che qualche capra ancora nel 2015 li usava per impaginare menu, un bel giorno qualcuno deve avere detto una cosa tipo:

“Hey ragazzi, ma visto che il crawler di Google si basa su HTML, cosa ne dite se proviamo a usare i tag html per lo scopo per cui sono stati progettati?

E ovviamente i suoi siti hanno iniziato a fare benissimo. I pecoroni arrivati dopo, invece di studiare e capire che il punto è usare l’HTML come da raccomandazioni, hanno costruito il mito degli H indispensabili. Quando basterebbe studiare un manuale di HTML del 1998.

6. La link building è una pratica illecita e ci fa penalizzare da Google

Il mito: Google odia la link building illecita!

La realtà: Ridicolo. Davvero. Google premia i backlink, a patto che provengano da fonti rilevanti e credibili.

In estrema sintesi, dopo Bullas sostiene, come tutti quelli che fanno buona SEO, che quello che penalizza sono i link provenienti da article farm, siti di bassa qualità e quelli che “producono” solo o quasi link building.

7. Content is the king

Il mito: Tutto quello di cui hai bisogno è di creare contenuto di alta qualità. I buoni contenuti si posizionano bene senza troppo aiuto da parte della SEO.

La realtà: [prima Bullas dice di non voler contrariare troppi esperti di marketing digitale]. Pubblicare al momento giusto, contenuti rilevanti e con ottime ricerche è ottimo, non ti porterà al top di Google da solo.

Focalizzati sul contenuto, ma non dimenticare che ci sono altri elementi indispensabili, per esempio i backlink, l’esperienza utente, e un design responsive.

Va bene, lo ammetto. Qui mi sento ferito, in quanto produttore di contenuti. Tuttavia per l’italia accettare il fatto che la qualità dei contenuti è importante quanto gli aspetti tecnici sarebbe già un passo avanti.

8. La collocazione geografica dell’hosting è importante

Il mito: Se il tuo sito non si trova nella nazione a cui ti vuoi rivolgere, è meglio che ti dimentichi del successo.

La realtà: Anche se è meglio usare le localizzazioni nazionali, non è essenziale. Google è abbastanza intelligente da fornire agli utenti la versione geografica corretta. E ci sono studi che dimostrano che Google predilige il contenuto di qualità alla localizzazione. Bullas spiega anche il funzionamento del targeting internazionale.

9. Avere una sitemap XML incrementa i tuoi risultati di ricerca

Il mito: Installare una sitemap XML può aiutare a migliorare i tuoi posizionamenti nei risultati di ricerca.

La realtà: Una sitemap non incide sul posizionamento delle pagine web, anche se agevola il lavoro dei crawler.

In parole povere, avere la certezza che Google o comunque il motore di ricerca possa raggiungere facilmente le pagine del nostro sito, non ne migliora la qualità. (e, in alcuni casi, il motore di ricerca ne ignora le indicazioni, così come fa per i noindex ;) )

10. Con le ricerche personalizzate, non esiste più la prima posizione

Il mito: dal momento che i risultati di ricerca sono personalizzati per ciascuno, tutti vedono risultati differenti e non c’è più nessun modo di essere in prima posizione.

La realtà: Per favore, non fatevi fuorviare da questi pettegolezzi. Si può verificare anche di persona

Sul serio? Mai aperto una sessione anonima per verificare una SERP?

11. Le keyword inserite nei commenti e nei tag title contribuiscono alla SEO

Secondo me oggi anche do Nascimiento farebbe SEO :D

… e per non cambiare posizione, CONTROLLATE LA KEYWORD DENSITY e tenete un bicchiere con acqua e sale accanto alla finestra. Se il sale si scioglie, GOOGLE STA CAMBIANDO L’ALGORITMO!

Il mito: posizionare strategicamente parole chiave nei commenti HTML e nell’attributo title delle immagini contribuisce a migliorare il posizionamento SEO.

La realtà: Non funziona in questo modo.

Classico esempio della logica deviata di certi esperti SEO: “mettiamo keyword ovunque! E poi, se per pura fortuna funziona, facciamolo diventare una regola”. In questo modo sono nate la maggior parte delle “regole SEO”, alcune delle quali durissime a morire anche davanti all’evidenza.

Ancora una volta, basterebbe perdere dieci minuti a leggere le specifiche HTML per sapere di cosa si parla.

Ma perché girano così tanti miti sulla SEO?

Con brutale semplicità, perché così è più facile vendere. Una maschera da santone, qualche tecnicismo pretestuoso e incomprensibile, un po’ di fumo (“la teatralità è tutto”), pagine e pagine di teorie. Il tutto per vestirsi di una credibilità artefatta. In realtà le cose sono molto più semplici: servono contenuti di qualità e i giusti accorgimenti tecnici. E l’onestà intellettuale di spiegare al cliente o al committente che non si tratta di una scienza esatta. E che quindi, la cosa migliore da fare è la solita: #writeforhumans. Concentrarsi sulla qualità del servizio e fornire informazioni rilevanti e interessanti, e se servono contenuti che siano chiari, utili, piacevoli da leggere. Ovviamente usando i giusti accorgimenti SEO, ma senza inseguire chimere. Costruire la propria linea editoriale e il proprio piano media sulle keyword che tirano, su Google Trends, su Suggest o su Buzzsumo significa condannarsi a un lavoro immane, a una lenta agonia, e a produrre oggetti editoriali e di contenuto, che, per l’ansia di piacere a tutti, non piacciono a nessuno. Per fare un paragone sciocco, è come nella cucina: se cuciniamo piatti cercando di farli piacere a tutti, otterremo probabilmente qualcosa di incolore, insapore e sgradevole. Come il buon vecchio Kibble, per chi ricorda quel genere di cose.
Ma probabilmente, dire al cliente “Facciamo un buon lavoro, mettiamo le persone al centro e non usiamo trucchetti che funzioneranno da domani a dopodomani”, non è una tecnica efficace. O per lo meno, non lo è con alcuni clienti. Che funzioneranno da domani a dopodomani.

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