Lezioni di SEO - un esempio di cosa racconto a scuola

SEO a Biella: si può lavorare bene in provincia?

La mia vita digitale e professionale è sempre stata improntata al dualismo: tecnologia e ruralità. E’ possibile fare il giornalista informatico, il divulgatore digitale l’insegnante e l’esperto SEO a Biella, nella piena provincia italiana? Sembrerebbe di si, ma bisogna imparare alcune regole di base della “sopravvivenza”.

Lezioni di SEO a Biella. Cosa ho fatto negli ultimi tre anni?

Ovviamente ho continuato a fornire i miei servizi di consulenza SEO, anche in forma privata, sia come seminari di formazione per permettere alle aziende di costruire autonomamente il loro posizionamento sui motori di ricerca, sia sotto forma di consulenza canonica.

Inoltre sono diventato SEO strategist per i fratelli di Hydrogen, creando strategie SEO dalla A alla Z diversi loro clienti.

Ma soprattutto, la parte che mi diverte di più sono le lezioni di SEO vere e proprie. Da quelle più creative e divertenti, come le lezioni di SEO alla maniera Zen (capitolo 1 e capitolo 2), fino ad arrivare all’insegnamento più canonico in aula (ecco per esempio il backlog di una delle numerose lezioni).

Di tanto in tanto, tempo permettendo, tento anche di scrivere qualche approfondimento sulla SEO. Il più divertente (e impegnativo) per ora è stato Strumenti SEO gratuiti provati per l’Italia. Che per la verità avrebbe bisogno di un aggiornamento.

Infine, nel 2020, ho deciso di sfruttare la contingenza dovuta alla pandemia come una opportunità: ho avuto la possibilità di estendere la mia collaborazione con Agenda Digitale Biella, tenendo alcuni seminari di SEO verticali, e ho lanciato alcuni progetti (per il momento ancora segreti) per verificare se le mie teorie su un certo approccio alla SEO più organico e meno irrigidito in regole e regolette hanno davvero successo, o se finora è solo stata fortuna.

In ogni caso, prima di proseguire con il tema “vero” di questo articolo, rimando al piccolo spazio pubbicità in fondo alla pagina. Se siete qui perché vi serve un consulente SEO a Biella (ma non solo!) facciamo quattro chiacchere.

Seo a Biella: era quello che cercavi?

Ok, a più di due anni dalla pubblicazione originale è ora di calare la maschera. Questo articolo era nato come scommessa, per dimostrare quanto facile fosse, all’epoca, costruirsi un posizionamento per una keyword poco presidiata.

Oggi, a distanza di qualche anno, abbiamo ottime testimonianze di esperti SEO a Biella (benarrivati a tutti ;) ). Che, finalmente, hanno deciso di investire un po’ di tempo a costruire la propria posizione utilizzando le strategie e le tecniche SEO che conoscono.

Visto che mi piace pensare che si tratti anche e soprattutto di una sfida positiva e divertente fra consulenti SEO concorrenti, provo a rilanciare, aggiornando questa pagina.

Professioni digitali in provincia? Why not?

Internet in particolare e il mondo digitale in generale è quel posto meraviglioso in cui, se racconti di fare il programmatore freelance viaggiando per il mondo zaino in spalla sei un caso da copertina, ma se dici, per esempio, di lavorare in un settore ugualmente specialistico come la SEO a Biella, ti guardano da marziano.

Perché per qualche strano motivo, l’idea del moderno hippy che gira il mondo imbracciando un portatile invece della chitarra ci fa dimenticare l’incubo di logistica che è un’idea del genere, a favore del che figata deve essere aggiornare una release da un bar a Miami mentre ti godi il tramonto e sorseggi un long island. Sorvoliamo sul fatto che alcol e codice non vanno d’accordo e anche sul fatto che se stai impazzendo con una versione mi sa che il tramonto non te lo godi. Sostituite “bar di Manhattan” con “paese della provincia di Biella” e provate a fare le stesse domande:

Ma come fai con la connessione?

I clienti come li raggiungi?

Come fai a rimanere in contatto con i colleghi?

Non è scomodo?

robert downey, jr alza gli occhi al cielo esasperato
Seeeehh, mi occupo di SEO e lavoro in provincia. E allora?

Di base è una questione di scelte: opportunità e competitività estreme contro una maggiore tranquillità e qualche grattacapo in più nello spiegare cosa fai e come lo vorresti fare. Ma ci sono comunque delle possibilità. Terminata questa lunga premessa, vorrei raccontare come si può vivere si innovazione (e di SEO) a Biella, con una nota a margine: si scrive Biella, ma si legge una qualsiasi città italiana di provincia. Cioè dove stanno la maggioranza delle persone e delle opportunità. Non è un mistero infatti che l’Italia sia una nazione fortemente ruralizzata, e basta guardare qualche dato  per rendersene conto: il “grosso” della popolazione in Italia vive ancora fuori dalle grandi città.

Ma bando alle ciance, ecco cosa ho imparato, in un racconto semiserio:

SEO a Biella: cinque regole di sopravvivenza

Fare SEO a Biella richiede ingenti quantità di caffeina
Preparati cara, che quella sarà la prima di una lunga serie di tazze di caffeina

1. Il Milanese ne sa sempre più di te.

Non importa quanto credito hai, dove hai insegnato, dove hai lavorato. l’Agenzia di Milano o il Consulente di Milano (o di Torino, o di Roma, per esempio), sono e saranno sempre la tua nemesi. Un mio carissimo amico la chiamava la sindrome di Calimero. Perché nella provincia l’equazione grande città = maggiore compentenza è ancora viva e vegeta. Anche se la storia recente dice un’altra cosa. Quindi davanti all’ultimo fesso con macchinone d’ordinanza, vestiti fighetti o hipster e accento bauscia sarai sempre in difetto. Anche se insegni nella scuola che lui ha frequentato fino al mese scorso.

La soluzione di buon senso: mostra i tuoi risultati, le tue credenziali, le tue collaborazioni e mettili a confronto con i risultati che ha portato a casa l’EspertoDiMilano

Il cheap trick: procurati dei biglietti da visita “metropolitani” e ostenta cadenza lombarda o torinese.

Pro tip: Se l’EspertoDiMilano è così bravo e lavora con tutti i “big”, perché viene a cercare a Biella un incarico da qualche migliaio di euro? Non è che magari a Milano, dove sei davvero dentro Tana delle Tigri, se lo sono già spolpato vivo perché è un fuffaro?

2. Innovare non è difficile, se sai con chi farlo e come.

Sfatiamo una credenza popolare: gli imprenditori di provincia non sono “lenti” o “retrogradi”. Semplicemente, sono pragmatici. Questo significa una cosa molto semplice: se ti danno dei soldi, vogliono vedere dei risultati veri e misurabili. E vogliono capire quello che stai facendo. L’atteggiamento “lasciami fare la mia magia” ha funzionato in certi ambienti e per un periodo limitato ma mai qui (e oggi, onestamente, è ridicolo in generale). E per chi si dedica a pratiche complesse come la SEO, a Biella o nelle altre zone in cui si ragiona per criteri produttivi, potrebbe essere un problema.

La soluzione di buon senso: facile. Spiegati. Bene, a fondo. Condividi i risultati, spiega onestamente i limiti e i rischi. Da imprenditore a imprenditore.

Il cheap Trick: conrfontati con le altre forme di pubblicità. “Hai contato quanti clienti ti ha portato l’inserzione sul giornale locale?”.

3. Guarda fuori dall’orticello

Uno dei principali problemi di chi si occupa di Digitale, Marketing e altre amenità come la SEO a Biella e nelle piccole città è che spesso l’ambiente e la facilità (relativa) con cui si ottengono i risultati porta a smettere di apprendere o di studiare. Per intendersi, fra gli “esperti” di SEO a Biella e a Vercelli resistono convinzioni come “devi pubblicare tutti i giorni alla stessa ora”; “I CMS  come WordPress non ti permettono di fare buona SEO on page”; capiamoci, qui si parla ancora di keyword density, meta tag e Pagerank come se fossero attuali. La ragione è di una semplicità sconfortante: poca concorrenza, poco stimolo. Ma soprattutto, la falsa convinzione che i lavori fatti per le realtà locali siano di piccolo cabotaggio.

La soluzione di buon senso: non smettere mai di studiare (per esempio, partendo dalla mia lista essenziale di risorse SEO ;) )

Il cheap trick: basta frequentare un paio di gruppi o pagine di settore per capire a che velocità si muove il “mondo di fuori”.

Occuparsi di SEO a Biella richiede DAVVERO quantità ingenti di caffeina
Nessun caffè è stato maltrattato nella scrittura di questo articolo. Ma occupandosi di SEO nel biellese se ne bevono molti.

4. Un fornitore è per sempre, e si compete poco

La stagnazione di cui sopra, che copre un po’ tutti gli ambiti della vita professionale biellese, dalla SEO ad altre attività digitali, in realtà è molto legata a una sorta di inerzia che si ha nel DNA: i fornitori vengono spesso vissuti come il negozio sotto casa. Ci si litiga, si discute, ci si confronta, ma non si cambiano. Le motivazioni vanno dal sono brave persone al ci seguono benissimo su tutto il resto (che spesso include, per esempio, le fotocopiatrici). Insomma, se siete fornitori di una piccola azienda di Biella, potete permettervi una quantità quasi infinita di errori e superficialità, perché il cliente quasi sempre presenterà rimostranze, si arrabbierà, ma non vi darà mai davvero il benservito. E molti se ne approfittato: hanno il Kit del Guru della SEO (oggi) di Internet (ieri) e dei computer (l’altro ieri), una valigetta alla quale cambiano solo etichetta, ma è la stessa dagli anni ‘90. E con quello infinocchiano allegramente gli imprenditori di provincia da quando vendevano a decine di milioni di lire i siti fatti con Frontpage.

La soluzione di buon senso: spiegate al vostro potenziale cliente quello che potrebbe ottenere con lo stesso budget da un vero professionista.

Il cheap trick: offritevi come terzista di uno dei fornitori di cui sopra. Vista la loro abilità commerciale, pensate cosa potrebbero fare con un vero prodotto da vendere…

5. Pensa locale, agisci locale ma osserva globale

Partiamo da una onesta ammissione: “Pensa globale, agisci locale” è un concetto affascinante, ma per la maggior parte delle PMI è inapplicabile. Quindi, se lavorate per un’azienda locale che cerca un migliore posizionamento SEO in Biella e dintorni, nella maggior parte dei casi questa vorrà sviluppare la sua presenza sul territorio. Il fatto di poter vendere a Bali o in Australia è in molti casi una chimera con cui i sedicenti esperti di web marketing hanno fatto la ruota per anni e in alcuni casi continuano a farla. Volete fare un favore alle aziende che cercano un posizionamento SEO interessante in una zona come Biella e il biellese (o come, abbiamo detto, tutte quelle simili)? Abbandonate le velleità internazionali e ricominciate dalla base: l’azienda è localizzata nel modo corretto? E’ presente Su Google Maps e sugli altri database? Abbiamo rivendicato correttamente tutte le proprietà? Possiamo discutere all’infinito in merito a se e quanto queste attività siano realmente SEO o appartengano ad altri insiemi, ma sono i fondamentali che mancano in una quantità stupefacente di casi.

La soluzione di buon senso: vedi sopra. Non dare nulla per scontato, e soprattutto non temere di essere “piccolo” o “umile”. Spesso darai un servizio migliore con le cose semplici di quello che daresti scimmiottando la campagna di HBO del 2015.

Il cheap trick: mi dispiace, in questo caso non c’è.

Mi occupo di SEO, lavoro a Biella, me ne vanto

Ok, ammetto di avere barato, almeno in parte. Perché Biella, da questo punto di vista, non è propriamente una “realtà come tutte le altre”. Ci sono svariate eccellenze in molti ambiti del Web, alcune estremamente famose, altre emergenti, altre ancora decisamente verticali. Con alcune ci ho lavorato, con altre lavoro tutt’ora, con altre le nostre “galassie” di conoscenze si sono appena sfiorate. L’aspetto curioso è come tutto questo tumulto di attività online di eccellenza avvenga in modo quasi invisibile rispetto alle attività tradizionali. Su tutti i livelli della catena alimentare del marketing online, da webdesign alla SEO, Biella è quel posto meraviglioso in cui un ecommerce di successo mondiale esiste nello stesso stabile di un bar che non ha nemmeno rivendicato la sua posizione su Google Maps e Tripadvisor. Come se gli esperti di SEO e altre discipline rimanessero inascoltata Cassandra appena escono dal loro ufficio. E in molti casi purtroppo è così, per ragioni che vanno dalla miopia imprenditoriale delle parti all’assenza di un linguaggio comune con cui intendersi e capirsi.

Un approccio strutturato alla SEO locale e alle pratiche SEO in generale

Ecco perché il mio approccio per la local SEO a Biella e nelle piccole città riparte ancora di più dalla mia filosofia: #writeforhumans: scrivi, progetta, ragiona per gli esseri umani, per le persone. E in questo caso, pensa anche il tuo lavoro in funzione delle persone: ascoltale, senti le loro esigenze. Fai davvero quello che è meglio per loro. Non importa se è “noioso”, “banale”, “scontato” e tu invece sogni di diventare il re della viralità o cerchi il guadagno facile. Il protagonista non sei tu. Il personaggio principale di un videogame geniale che ho scoperto con “solo” otto anni di ritardo a un certo punto dice pressapoco “il lavoro di un roadie è quello di far essere fighi gli altri”. Vale anche per chi si occupa di marketing o SEO, a Biella o in qualunque altro posto, in provincia in particolare.
Non dimentichiamocelo.

Aggiornamento: SEO, Biella ha bisogno di te!

In modo abbastanza inaspettato ( ;) ), questa pagina poche ore dopo la pubblicazione, che peraltro era pianificata dalla sera prima, senza particolare attenzione, è “volata” in terza posizione naturale in SERP per la parola chiave “Seo a Biella“. Intanto grazie a chi mi ha avvisato e poi, in attesa di avere dati consistenti, ne approfitto (ovviamente!) per un piccolo spazio pubblicità:

Se un articolo che ho realizzato “a tempo perso”, pubblicato su un blog che nemmeno è ottimizzato al 100% dal punto di vista tecnico finisce in terza posizione nel giro di poche ore, scalzando “avversari” di tutto rispetto, e con risorse ragguardevoli, immaginate cosa si potrebbe fare per la vostra azienda con un piano d’attacco ben strutturato!

Peraltro, nel quarto trimestre 2020 ci saranno importanti novità, che potrebbero cambiare in modo dirompente la scena SEO di Biella, e non solo. Rimanete aggiornati per le novità!

Ciò detto, se avete voglia di fare quattro chiacchere sono sicuro che i miei partner e io vi sapremo dare una mano con estremo piacere per tutti.

Dispense ECDL Gratis

Dove trovare le dispense ECDL gratis

La Patente Europea del Computer, ECDL per gli amici, accompagna la vita di noi formatori e insegnanti da sedici anni, con fortune e destini alterni e spesso ci troviamo con il problema delle dispense ECDL per i corsi, non sempre facili da avere o compilare autonomamente.

Per gli amici da mobile o che hanno fretta, i download delle dispense sono più sotto!

Probabilmente dedicherò più avanti un post alla mia opinione su ECDL e Nuova ECDL. Rimane un fatto: al momento è l’unico strumento di certificazione informatica non dedicato a specialisti con un certo livello di riconoscibilità. In altre parole, se fate un mestiere non strettamente digitale o informatico, ma dovete comunque dimostrare di avere solide basi informatiche, ECDL oggi e l’unica opzione percorribile.

Aggiornamento!

Qualche giorno fa ho pubblicato un’articolo simile a questo che si intitola Esercizi ECDL per prepararsi all’esame e, guarda caso, parla delle risorse utili per prepararsi agli esami per il patentino ECDL.
Se pensate che vi possa essere utile, lo trovate qui. Buona lettura!

Per prepararsi agli esami ECDL, oltre ai corsi preparatori come quelli che tiene di tanto in tanto il sottoscritto, è preferibile utilizzare un manuale, oppure qualche dispensa appositamente preparata. Ecco un problema: alcune volte le dispense ECDL che si trovano online sono piuttosto sbrigative, mentre i libri in genere sono abbastanza costosi. Il sito ufficiale nuovaecedl.it non aiuta più di tanto, infatti la sua sezione Materiale didattico propone solo le dispense gratuite per la versione di ECDL basata su Open Source, mentre per quella basata su piattaforme Microsoft offre solo una serie di suggerimenti per l’acquisto di libri.

Per fortuna ci hanno pensato i gestori di Matematicamente.it, che mettono a disposizione una serie di dispense gratuite per tutti i moduli di ECDL. Per la verità, più che di semplici dispense si tratta di veri ebook completi. Ecco come scaricarli e prepararsi per gli esami senza spesa:

Il sistema della Nuova ECDL si basa su moduli, come la sua versione precedente, ma questi sono stati rivisti per adeguarsi al mondo digitale degli anni 2010. Ogni modulo prevede un esame, che deve essere sostenuto presso un test center abilitato.

Oggi le due certificazioni ECDL più comuni due.  Base, composta dai quattro moduli Computer Essentials, Online Essentials, Word Processing, e Spreadsheets (cioè fondamenti sull’uso del computer, fondamenti di Internet e Reti, Videoscrittura e Foglio di Calcolo). La certificazione più completa, ECDL Full Standard, prevede sette moduli, cioè i quattro della base più IT Security, Presentation, e Online Collaboration (Sicurezza informatica, Presentazioni e strumenti di Collaborazione Online).

Nota a margine: Tutte le dispense sono fruibili e scaricabili dal sito di Matematicamente.it, ma il loro sistema di gestione dei contenuti rende un po’ impervio raggiungerle. Ho pensato di creare questo piccolo “segnalibro” a favore sia dei miei allievi sia di chiunque le sta cercando. Non dimenticatevi di ringraziare gli autori dando un feedback positivo a quello che scaricate!

Le dispense ECDL Open Source su ECDL.it

Di recente, per documentarmi sulle esercitazioni ECDL, ho navigato molto anche il sito ecdl.it Anche in questo ho trovato svariate dispense gratuite, in questo caso che si riferiscono alle certificazioni ECDL Open Source e comprendono le tre principali: Base, Standard e Full Standard. Ecco i collegamenti.

Importante! Con le nuove impostazioni di Chrome e degli altri browser, facendo clic sul collegamento potreste arrivare su una pagina che vi indica il collegamento non è sicuro. Si tratta di un problema con i certificati HTTPS, per cui ho pensato di riportare il link HTTP in fondo a ogni voce. Purtroppo non li posso collegare, altrimenti anche la mia pagina verrebbe giudicata “non sicura”. Per arrivare alla dispensa, in attesa che ECDL.it aggiorni il suo certificato di sicurezza, dovrete copiare il collegamento e incollarlo nella barra degli indirizzi.

Anche in questo caso ho scelto di fornire una serie di link più fruibili alle risorse liberamente disponibili sulla pagina corrispondente del sito ecdl.it, per una ragione molto semplice: questi collegamenti sono circa a metà pagina, in mezzo a una serie di manuali in vendita. Approfitto anche per ringraziare, a nome di tutti gli studenti ECDL che passano di qui, il prof. Fabio Frittoli, che non conosco personalmente ma che ho letto come autore in tutte le dispense ECDL Open Source del sito ufficiale.

Quali dispense mi servono per la certificazione ECDL Base? e per la Full Standard?

Come si legge anche sul sito di Aicanet, le certificazione Nuova ECDL base è composta dai 4 moduli principali, mentre per la Full Standard se ne aggiungono altri tre. Ho preparato una piccola tabella riassuntiva:

Titolo moduloDispensa WindowsDispensa OpenECDL BaseECDL Full Standard
Computer EssentialsModulo 1Modulo 1xx
Online EssentialsModulo 2Modulo 2xx
Word ProcessingModulo 3Modulo 3xx
SpreadsheetsModulo 4Modulo 4xx
IT SecurityModulo 5Modulo 5x
PresentationModulo 6Modulo 6x
Online CollaborationModulo 7Modulo 7x

Le dispense ECDL in questa pagina sono valide anche per la nuova ICDL e per il Syllabus 6.0?

La risposta breve è che sembrerebbe proprio di si. Questo ragionamento parte da due assunti:

  • le versioni Open Source sono quelle ancora oggi indicate dal sito ufficiale, ora diventato ICDL.it, come valide per lo studio.
  • Né sul sito di ICDL né su altri siti “storici” del settore si trovano dispense più aggiornate, se non ricorrendo ai manuali a pagamento.

Inoltre, come abbiamo già visto, le differenze fra la nuova ECDL, ovvero il Syllabus 5.0 e la versione aggiornata di ICDL, ovvero il Syllabus 6.0 sono davvero minimali, come abbiamo avuto modo di vedere.

Editoria Digitale ai tempi del post algoritmo

Editoria digitale: il 2018 è l’anno del fallimento degli algoritmi

Il flagello dell’editoria digitale, la raccomandazione in base ad algoritmi, mostra finalmente le sue debolezze. Il 2018 sarà l’anno della risalita?

A oggi, uno dei pilastri dell’editoria digitale è senza dubbio la SEO. La disciplina, cioè che permette di far primeggiare una pagina fra i risultati delle ricerche.
Non si tratta affatto dell’unica strategia, ma oggi è senza dubbio una delle più frequentate, per una serie di ragioni che ho già approfondito. 

Questo però ha creato una grande frattura, e una discrasia che solo un media potente come Internet poteva mostrare, ovvero il totale ribaltamento del concetto di successo nell’editoria digitale.

Editoria digitale, l’odio per la SEO e l’algoritmo impietoso

Mi spiego rapidamente: i colleghi giornalisti e le testate tradizionali, hanno visto il loro spazio contrarsi sempre di più, sotto i colpi dei “siti Internet” prima, e dei contenuti ottimizzati per la SEO poi.

A oggi, sono ancora pochi i giornalisti veri, i professionisti del settore, in grado di fare una buona SEO. Per dirla tutta, i giornalisti mediamente sono dei cani con la SEO.

Ma il problema vero è un altro, il ribaltamento di cui parlavo: il fatto che l’algoritmo premi la SEO (che è per definizione una disciplina algoritmica, anche se speculativa) ha fatto si che nelle prime pagine dei motori di ricerca molto spesso si trovino articoli scritti da bravissimi specialisti SEO, che però sono dei cani come giornalisti, e molto più spesso non lo sono affatto.

Parliamoci chiaro, io faccio entrambe le cose. Quindi, per definizione, sono un cane in entrambe. Ma purtroppo il 90% della SEO moderna, almeno secondo chi usa tecniche e strumenti, si basa semplicemente sulla forzatura dell’algoritmo. Si tratta solo di far leva sui tasti giusti. Così come nel giornalismo tradizionale si tratta spesso si fare leva sempre sui tasti giusti, ma delle persone.

Uno degli aspetti più negativi della “democrazia digitale” quindi, è di tenere costantemente il lettore distratto (nel senso classico di “tirato da due parti”) fra testi impeccabili dal punto di vista tecnico ma poveri da quello dei contenuti, e viceversa, cioè contenuti ricchissimi dal punto di vista dei contenuti ma così terribili dal punto di vista del posizionamento da dover essere letteralmente cercati col lanternino, come diciamo noi piemontesi.


Cosa sta succedendo all’algoritmo?

Lo ammetto, pur praticandola (e cavandomela discretamente nella materia) non ho alcuna simpatia per la cosiddetta scrittura SEO. Per due ragioni: perché continuo a pensare che sia una scorciatoia messa in atto da chi non sa scrivere davvero, e perché quando scrivo vorrei poterlo fare per chi mi legge, non per un algoritmo che mi valuta

Sento già i nerdissimi in lontananza: ok, non è un algoritmo, è intelligenza artificialemachine learning, o comunque un sistema estremamente raffinato. Ma è sempre una “macchina” che non capisce la banale ironia, per esempio. Vogliamo davvero tornare a ricordarci di quando il sistema di eliminazione delle fake news di Facebook mise al bando la testata umoristica Lercio?

In ogni caso, che gli algoritmi abbiano stancato è piuttosto evidente per tutti. Comprate una maglietta con un gattino su un popolare sito di commercio elettronico e da quel momento riceverete solo pubblicità di magliette con gattini. Mettete per sbaglio un “mi piace” a un post di un amico che parla di politica, e quale che sia la vostra convinzione, da quel momento verrete invasi di post di politica.

Per non parlare delle ricerche: fra geolocalizzazione, cronologia delle pagine visitate e delle ricerche fatte in passato, anche i risultati lasciano sempre più il tempo che trovano.

Insomma, gli algoritmi stanno fallendo. Non tanto perché inefficaci, ma perché troppo spesso lasciati a loro stessi, usati solo per monetizzare e per questo troppo ansiosi di assecondarci. Per non parlare di quanto siano proni ad hack di varia natura. (La SEO, a ben pensarci, altro non è che la disciplina di sfruttare l’algorimo a nostro vantaggio. Almeno, per chi ha capito e ha deciso di sfruttare solo la parte “comoda” della questione)

Editoria digitale: gli algoritmi si fanno da parte

Ovviamente, forzati dal mercato. Un esempio? Secondo Business Insider, nel 2018 un utente americano su quattro avrebbe disinstallato la App di facebook. Ok, ci sono stati una marea di problemi legati a sicurezza e privacy. Ma se alla gente fregasse davvero qualcosa di sicurezza e privacy, PornHub non potrebbe pubblicare ogni anno il suo geniale Year in Review. Diciamo piuttosto che privacy e sicurezza sono stati il casus belli per liberarsi di qualcosa che interessa sempre meno.
E il motivo dell’interesse decrescente è, guarda caso un algoritmo sempre più arzigogolato e meno efficace. Possiamo verificarlo tutti noi, per esempio rendendoci conto che Facebook tende a mostrarci sempre i post delle stesse persone, quelle con cui interagiamo di più, pensando di farci un favore. Un meccanismo che, alla lunga, sta mostrando più debolezze che forze.

Ma cosa ha a che vedere questo con l’editoria digitale e in particolare con la SEO? Moltissimo. In primo luogo perché Facebook ormai è un asset per moltissime realtà editoriali e poi perché ci spiega come anche i migliori algoritmi siano, nel medio-lungo periodi, molto più fallimentari rispetto alla gestione umana.

O meglio. Gli algoritmi sono ottimi quando servono a potenziare l’essere umano. Quando vengono usati per sostituirlo, generano mostri come le prime pagine dei motori di ricerca di una decina di anni fa, o come la nostra bacheca di Facebook oggi. Se anche una disciplina nobile come gli scacchi riconosce il valore dell’accoppiata uomo-macchina (vedi questo articolo sul Centaur Chess come punto di partenza), allora probabilmente questa è la direzione giusta.
Quindi, pur avendo perso almeno dieci anni, stiamo tornando nella direzione giusta: far fare ai computer quello in cui eccellono come l’estrazione dei dati, e far fare agli umani quello in cui eccellono, come la comprensione avanzata del contesto.

Microsoft e Google nel post-algoritmo

Microsoft ha già fatto il primo passo in questa direzione quando, questa estate, ha lanciato Microsoft News: una App che di fatto è un aggregatore di news, che utilizza sia un sistema di intelligenza artificiale (semplifichiamolo in “algoritmo”) sia la gestione curata dei contenuti da parte di persone. Se vogliamo, un ritorno alle origini, ai tempi dei primi motori di ricerca. 
Anche Google non sta con le mani in mano. Per la verità, non lo è mai stato. Anche se non è una cosa particolarmente conosciuta, Google infatti si affida anche a una rete di quality raters, cioè persone incaricate di valutare il contenuto dei siti web che andranno inclusi nel motore di ricerca. Insomma, la prossima volta che qualcuno ci parla dell’algoritmo di Google come di una figura mitologica o di una macchina senza cervello, ricordiamoci che all’interno del processo, a un certo punto, ci sono anche degli esseri umani, con tanto di linee guida da seguire.

L’editoria digitale dopo l’algoritmo

Ovviamente sarebbe folle pensare che nel breve termine gli algoritmi spariscano, ma è realistico pensare a uno scenario sempre più “misto” in cui al lavoro esclusivamente automatico si affianca quello curato da esseri umani. In alcuni casi sembra essere già così, soprattutto davanti a articoli, testate o accadimenti di particolare rilevanza.
Ma proprio questa ripartenza può essere una perfetta occasione per tutti i professionisti della scrittura che hanno sempre rifiutato le discipline SEO, per opportunità, volontà o per semplice superbia.
Oggi la SEO è ancora rilevante, ma non non è più esasperatamente tecnica come lo era in passato.

Si tratta di un tema che mi sta molto a cuore. Sostengo da sempre, supportato dai fatti ma spesso guardato con sdegno da entrambe le parti, che un buon giornalista con una preparazione basilare sulla SEO sia estremamente più efficace di un professionista SEO con un po’ di preparazione giornalistica. Anche e soprattutto in termini di piazzamento e “tenuta” sui motori di ricerca.

Sfortunatamente molti giornalisti sono molto restii a usare la SEO, perché le regole vengono vissute come una sorta di “gabbia”, di “limite”, o semplicemente perché in fondo non accettano l’idea di dover imparare a scrivere in un modo diverso.

Io, figlio dell’ultima carta stampata, penso che non ci sia poi così tanta differenza con i manuali di stile, le lunghezze, le gabbie di impaginazione e le correzioni con cui si aveva a che fare con i giornali. Chiudo quindi con un piccolo appello che, ribadisco, mi sta molto a cuore: per i giornalisti sarebbe molto facile riconquistare l’editoria digitale

Basterebbe volerlo.

editor gutenberg un aiuto per essere più zen

E comunque a me questo editor Gutenberg sembra una figata

Sembra proprio che con la prossima major release di WordPress l’editor Gutenberg diventerà quello predefinito di default. Naturalmente gli esperti digitali non perdono occasione per dimostrare la loro vera natura. Neofobi e conservatori come neanche la DC degli anni ’80, stanno subissando l’editor Gutenberg di recensioni negative.

Eppure, l’editor Gutenberg ha del potenziale

Prima di tutto, il nuovo layout di gestione della pagina è molto più pulito, e la possibilità di usare il menu laterale alternativamente per “documento” o “blocco”, aggiunge il giusto compromesso fra l’utilizzo del testo tradizionale e la scrittura senza distrazioni, che era decisamente troppo minimalista
Quello che, a mio avviso, spaventa più di tutto è la nuova interfaccia, che inizialmente intimidisce un po’.

Certo, alcune cose sono state spostate. Ma basta abituarcisi per rendersi conto che è tutto molto più razionale e comodo. Basta prenderci la mano.

Il problema è proprio questo: prenderci la mano significa, per gli addetti ai lavori, buttare via anni di abitudini. E qui si manifesta tutta la neofobia, particolarmente italica, che deriva da quella cultura che vuole che, una volta conquistata una posizione, si possano mettere i piedi sul tavolo. Mentre il resto del mondo ci insegna una lezione diversa. Secondo un antico insegnamento zen poi ripreso dal Judo, i quattro mali del mondo sono appunto noia, abitudine, ignoranza e invidia
Senza chiamare in causa la filosofia orientale, l’editor Gutenberg sta facendo proprio quello che gli esperti di crescita personale ci consigliano sempre più spesso: uscire dalle comfort zone. Cioè, combattere l’abitudine. Tutto torna ;)

L’editor Gutenberg ci aiuta a uscire dalle comfort zone. Questo è un bene

l’editog Gutenberg impatterà con la SEO?

Mentre sto scrivendo, sto provando ad analizzare il codice della pagina di anteprima. E devo dire che mi sembra addirittura più pulito di quello dell’editor di WordPress tradizionale.

Secondo me il problema principale sarà legato all’uso dei blocchi

Devo dirlo, anche se la cosa mi renderà antipatico: il vero problema è che ci sono troppe persone, particolarmente nel mondo SEO, che ignorano le basi. Un po’ di conoscenza dell’HTML, degli altri linguaggi e dei protocolli farebbe un gran bene alla scena, ma non è la sede per parlarne. 
Qui il problema è che i blocchi riprendono un po’ la filosofia delle immagini, rendendo sotto forma di campi da compilare elementi propri dell’HTML. 
Purtroppo molti usano già male quelli delle immagini, di conseguenza useranno male quelli dei blocchi (soprattutto nella fase di entusiasmo iniziale). 

Poi, naturalmente, si lamenteranno che l’editor Gutenberg non funziona a dovere.

Quando invece funziona benissimo e, anzi, permette di generare oggetti (anche di testo) più interessanti con una frazione dello sforzo che ci voleva prima.

Ecco un paraculissimo esempio di galleria dell’editor: non sono un amante del minimalismo in senso stretto, ma lo strumento funziona decisamente bene.

Quindi qual è il problema dell’editor Gutenberg?

Personalmente, ne vedo due: uno è appunto legato alla necessità di imparare un nuovo strumento. Il secondo è legato alla competizione.

Mi spiego: grazie al nuovo “visual composer” (ammettiamolo, Gutenberg lo ricorda molto), scrivere articoli che siano anche visivamente interessanti è fin troppo facile. Per non parlare della tonnellata di nuovi strumenti di inclusione, che ora sono molto più palesi di prima e che permettono di aggiungere contenuti arricchiti in quantità.

In parole povere questo significa più competizione. E soprattutto, ancora una volta, la necessità di produrre contenuti rilevanti, consistenti, interessanti

Tutte cose terribilmente incompatibili con la filosofia dei servizi e delle prestazioni a basso costo che sta tentando con tutte le forze di rimanere a galla.

Ma alla quale, per fortuna, forse Gutenberg ci aiuterà a dare il colpo di grazia.

Speriamo

Lezioni di SEO

Lezioni di SEO: le più importanti sono sulla tua pelle

Qualche giorno fa, come mi sembra sia abbastanza noto dai risultati ottenuti, ho fatto un piccolo esperimento, creando una pagina che parlava di come si lavora con la SEO a Biella e in provincia in generale.

Quel post, ovviamente, era sia un modo divertente per dire alcune cose, sia un esperimento per vedere quanto fosse facile o difficile scalare la SERP su una parola chiave piuttosto presidiata ma molto verticale; si è trasformata in una delle lezioni di SEO più importanti della mia vita recente.

SEO, Biella. Esperimento riuscito. A metà.

Bene, le cose sono andate in modo imprevedibile. Appena il buon vecchio Google ha recepito il post, questo è volato in terza posizione. Onestamente, mi aspettavo qualcosa visti i volumi in gioco e la struttura della SERP di Google (sulla cui analisi ho imparato più in un’ora di corso del buon Alberto Puliafito che nella totalità delle robe che i vari guru spacciano in giro). Ma direttamente in terza posizione, subito dopo due pagine di chi ci ha investito tempo e risorse, è una specie di wet dream per chi lavora (o si diverte, come il sottoscritto) con la SEO.

posizionamento SERP ilkappa.com

E questa è la metà buona.

Quella cattiva è che il giorno dopo la pagina è stata calcioruotata fuori dalla SERP di Google. Non retrocessa, proprio sparita. Anche cercando nel solo sito, la pagina non era visibile.

Cosa succede quando una pagina sparisce improvvisamente dalla SERP

Il primo istinto, per un consulente SEO, è comprare abbastanza medicinali contro l’ansia da sedare un intero gruppo di whatsapp di mamme informate. Poi però bisogna iniziare con le cose serie.

Check list minima in caso di pagine sparite dalla SERP

  • la pagina è ancora raggiungibile?
  • la pagina è ancora in sitemap?
  • la pagina è raggiungibile attraverso la serp di altri motori, per esempio Bing?
  • la pagina è sparita per una sola parola chiave, per le sue derivate o per qualsiasi cosa?

Nel mio caso specifico, tutto ok fino a Bing. Poi, zero. Anche scandagliando tutte le pagine che Google vedeva del mio sito. Cosa era successo? Mistero. E panico.

Una pagina del mio sito è sparita dalla SERP. Cosa può essere successo?

Gran bella domanda, per rispondere alla quale devo prima chiudere la vicenda: la pagina è tornata in SERP dopo qualche giorno. (mentre sto scrivendo è al quinto posto per “SEO a Biella” e nona per “SEO Biella”, un risultato comunque interessante).

Dopo un po’ di studio e qualche analisi, mi sono convinto che per quello che è accaduto esistono tre possibilità, che elenco dalla più incredibile a quella che secondo me è più realistica:

  1. La mia pagina è stata rimossa dalla SERP in seguito a una segnalazione.
    • Ipotesi: Google mette a disposizione uno strumento apposito per segnalare pagine con contenuti non conformi e non di qualità, e anche se non è così raggiungibile, un bravo esperto SEO sa perfettamente dove si trova.
    • Tesi: Tuttavia mi sembra fantascienza che qualcuno si sia preso una tale briga per eliminare un “concorrente” o perché indispettito dal mio operato. Diciamo che questa ipotesi è servita più che altro a massaggiare il mio ego.
  2. La mia pagina è stata rimossa dalla SERP perché sovraottimizzata
    • Ipotesi: Fra gli esperti di SEO e coloro che vorrebbero diventarlo come il sottoscritto, è cosa più che nota che a Google non piacciono i giochetti. Sarebbe più corretto dire che nel 2017 lo sanno anche i sassi che scrivere per forzare il posizionamento di parole chiave e fare altre cose strane ci trascina verso il baratro. E la pagina che ho realizzato era, per molti aspetti, un esperimento per vedere quale fosse il limite fra una forzatura “sana” delle parole chiave e un coacervo di trucchetti, anche se di quelli veniali.
    • Tesi: L’algoritmo di Google tuttavia è piuttosto “sveglio” e di solito le pagine “stuffate” escono dalla SERP soprattutto se vengono modificate e gonfiate intollerabilmente dopo esservi entrate. Altrimenti, solitamente, vengono relegate fin da subito ai risultati più remoti. Vero è anche che con i volumi in gioco è possibile che il tempo macchina dedicato alla scansione sia stato in prima istanza talmente poco da permettere solo un controllo di superficie (ma, in tutta onestà, non so quanto il crawler sia un algoritmo time-critical).
  3. La mia pagina è stata rimossa dalla SERP perché ho generato “artificialmente” un volume anomalo.
    • Ipotesi: Nessuno sa bene cosa succede sotto il cofano di Google (ricordiamoci che la SEO è per una buona parte fatta di ipotesi e reverse engeneering casereccio), ma una cosa è certa: i nodi vengono al pettine e le anomalie non passano inosservate. Ovviamente, dopo aver posizionato la pagina, ho passato qualche giorno a mostrarla a colleghi e amici esperti, un po’ perché mi sembrava una lezione di SEO empirica interessante, un po’ perché come tutti i giornalisti, ho un ego famelico. Questo ha senza dubbio generato un volume di ricerche anomalo, su parole chiave e derivate a volumi così bassi.
    • Tesi: suona un campanello, la pagina viene “sospesa”. Nel frattempo il sistema verifica se la pagina in sé ha problemi o forzature, oppure se le visite sono state pilotate in qualche modo non lecito. Dopo qualche giorno, verificato che non ci sono state particolari stranezze, probabilmente la pagina viene nuovamente indicizzata. Per mia fortuna, la forzatura è stata dettata soprattutto dall’ingenuità: non avendo tenuto in considerazione i volumi, non pensavo che la ventina di visite “agevolate” dai miei contatti potessero suonare come qualcosa di illecito. Tuttavia mi sembra l’ipotesi più credibile perché la pagina è tornata al suo posto.

Cosa ho imparato dalla mia pagina sparita dalla SERP e poi riammessa?

Diverse cose, ma soprattutto ho avuto alcune conferme.
La prima è che, come già i più esperti sostengono da tempo, Google non “penalizza”: ti rimuove e basta. Può essere un cartellino giallo o rosso, ma per intanto la tua pagina viene “accomodata” non solo fuori dalle SERP, ma proprio fuori dall’indice. Insomma, le ammonizioni non esistono: se la mia pagina perde posizioni, è perché le informazioni non sono più così utili o perché altri stanno facendo un lavoro migliore del mio. Se istigo Google a passare con la mannaia, sparisco. Ma non vengo “retrocesso” o “indietreggiato” artificialmente.

Secondariamente, che i giochetti non pagano mai, anzi. Tutto quello che suona poco meno che naturale, fa scattare i sistemi di allarme. E se ha “tirato le orecchie” a me per una cosa ultra verticale e ultra locale come quella di cui racconto, figuriamoci cosa può capitare dove ci sono i volumi veri e la competizione è spietata.

Terzo, che però la qualità paga sempre e che #writeforhumans è davvero la strada. L’unico motivo per cui la mia pagina si è “salvata” è perché, al di là di qualche piccola furberia, è stata pensata davvero con l’intenzione di dire qualcosa, di raccontare un’esperienza, di essere utile. Ma soprattutto, di essere frutto di una esperienza diretta e unica.
Quindi, ancora una volta: l’unico vero “trucco SEO” di cui abbiamo veramente bisogno è quello più difficile da accettare: scrivere bene e dare informazioni rilevanti è il primo punto in cima alla lista.
Dopo, spesso molto più in basso, viene tutto il resto.

La Stampa e Google

Google, La Stampa e l’importanza dei contenuti

Google sta siglando una partnership con otto provider di contenuti europei. Ne parliamo diffusamente su MCCPost, ma come sempre qui mi ritaglio lo spazio per qualche riflessione più personale.

Prima di tutto, un po’ di sano campanilismo: che l’editore online scelto per l’Italia sia La Stampa di Torino, è senza dubbio una fonte di gioia per un piemontese, e una lezione per tutti: si può fare innovazione, ed eccellere, anche nel nostro “antiquato” Piemonte. Che poi, a ben guardare, fra scoperte vecchie e nuove, proprio tanto antiquato non è (pensiamo a Olivetti, per esempio, o all’aver portato in Italia la rivoluzione industriale, giusto ricollegarmi anche al mio amore per lo Steampunk).

Poi, una seconda considerazione: Google ha Google News, il più potente aggregatore di notizie che la storia ricordi, eppure decide di collaborare con i fornitori di contenuti. Naturalmente ci sono molte motivazioni, di natura diversa, dietro a questa scelta, fra cui quella di risanare una frattura storica fra editori, fornitori di contenuti e Google, accusato di “rubare” utenti proprio a causa di News (anche se chiunque abbia anche solo una vaga idea di come funzioni Internet sa quanto questa speculazione sia infondata). Tuttavia Google, probabilmente anche per calmare le acque, ha messo in pieno un piano che prevede proprio la collaborazione con alcuni dei suoi “potenziali nemici”, probabilmente quelli più propensi alla tecnologia, che probabilmente hanno accettato di buon grado.

Infine, l’ultima osservazione, che si lega maggiormente alla creazione di contenuti, quindi al content marketing, che vorrebbe essere una delle colonne personali di questo blog. Per la verità due, ma una è poco più di un inciso.

Da un lato abbiamo editori tradizionali che, davanti a un prodotto innovativo come Google News, si stracciano le vesti e fanno i capricci, gridando al furto, con schiere di flagellanti al seguito, spesso professionisti dell’informazione rimasti fermi, professionalmente, al 1980. Dall’altro abbiamo editori tradizionali, come La Stampa (che per inciso, è in giro dal 18-maledetto-97, quindi non è propriamente una startup) che colgono le opportunità, innovano e da giornale cittadino diventano parter europei di Google. Mettendo le mani su una fetta dei 150 milioni di euro nel processo. Indovinate a quale delle due fazioni sarà ancora in giro nel 2097…

Infine, l’ultima delle mie opinioni su questa storia: i contenuti di qualità vincono sempre. Certo, il caso dei quotidiani non riguarda propriamente il content marketing, ma il concetto è invariato. Google News sarebbe nulla senza partner che producono contenuti editoriali di qualità, e questi partner a loro volta sarebbero nulla senza contenuti.

Spesso, durante le mie lezioni di web marketing e content marketing porto come esempio provocatorio quello che amo chiamare il caso 4chan (magari ne parlerò diffusamente, prima o poi), per spiegare come il content marketing, in questo caso esasperato nella declinazione di user generated content nel campo dei meme e del trash, possa essere sufficiente da solo per trainare il successo di un sito. Oggi la storia è un po’ diversa da quando è nato il celebre sito, ma un concetto rimane invariato: avere contenuti di qualità significa conquistare raggiungibilità anche nel tempo, credibilità, offrire un servizio importante. Se vogliamo estremizzare, avere contenuti di vera qualità significa poter fare a meno dei trucchetti del SEO, dei vezzi della grafica esasperata e in un impeto di tautologia, direi anche del content marketing stesso.

Google crede nei contenuti. Se dobbiamo credere a Google Trends, anche il resto del mondo inizia a crederci.

Pensateci la prossima volta che dovete pianificare una strategia.

Logo di Bing

Bing cambia la partita del content marketing

Mentre tutto il mondo (me compreso) si preoccupava dei nuovi algoritmi di Google, negli USA altre notizie cambiano il mondo del content marketing. Secondo i dati divulgati settimana scorsa da ComScore e riportati da BGR via Search Engine Land infatti, Bing, il motore di ricerca di Microsoft, ha raggiunto la ragguardevole quota di mercato del 20%. In altre parole, un quinto delle ricerche negli Stati Uniti è fatta con il motore di ricerca Made in Microsoft, che di sicuro ha tratto giovamento dalla recente partnership con Yahoo!.

Volendo fare un po’ di sano onanismo statistico, secondo i dati riportati Google ha circa il 64% del mercato, Bing il 20 e Yahoo!, che usa gli strumenti di Bing, quasi il 13%. Questo significa che Bing controlla circa la metà delle ricerche rispetto a Google, e quasi un terzo del totale. Questo almeno stando ai dati di ComScore. Secondo altre fonti, per esempio un articolo di Forbes di gennaio, la cosa non è così significativa, perché è dovuta anche in parte al cambio di motore di ricerca predefinito nel browser Firefox in seguito a nuovi accordi. C’è da dire che l’articolo non è così recente, e anche dopo questa data i numeri di Bing hanno continuato a crescere. L’altro dato che i “conservatori” contestano è che si riferisce solo alle ricerche desktop, mentre sappiamo che questi numeri cambiano se includiamo il mercato mobile.

Il punto è: come queste notizie, o opinioni, possono influenzare il content marketing?

La risposta è semplice: negare che oggi nella creazione di contenuti di qualità rientrino anche i parametri del SEO significherebbe nascondere la testa sotto la sabbia. Passiamo nel campo delle opinioni: la mia convinzione, semplificando fino ai minimi termini, è che le discipline SEO siano poco più di un trick. In fondo si tratta di un reverse engeneering, basato su dati anche piuttosto aleatori, il cui scopo ultimo è interagire meglio con un meccanismo il cui funzionamento è ignoto. Il che significa più o meno cercare di capire come funziona un computer percuotendolo con un femore.

Gli zeloti del SEO lavorano sul nuovo algoritmo di Google

Si, lo so. La realtà è più complessa e qualche base analitica c’è. Ma il mondo delle scienze esatte, come la meccanica o la fisica tradizionale, è un’altra cosa. Allora il punto è questo: se cambia il mercato, anche le regole del SEO, e quindi in parte quelle del content marketing, devono cambiare. Perché già ottimizzare i soli testi per un singolo motore di ricerca è impervio, e ottimizzare tutti i contenuti per più motori è molto, molto più complesso. Certo, i dati sono riferiti solo agli Stati Uniti, solo alle ricerche desktop, e così via. Ma la storia ci insegna che sottovalutare questi segnali non è mai una buona scelta. E, fatte le dovute proporzioni, già oggi ignorare il peso di Bing nella progettazione e gestione dei contenuti significa giocarsi una discreta fetta di mercato.

La soluzione? Prima di tutto, la mia opinione: basare tutto sul solo SEO è, con buona pace degli zeloti di cui sopra, una scelta miope. La transizione verso un content marketing più strutturato è già iniziata. Oggi essere bravi a combinare le parole nell’ordine che piace a Google non basta più.

Bisogna pensare anche a Bing e Yahoo!.

Allora, perché non semplificare le cose e tornare a pensare agli esseri umani? La creazione di contenuti di qualità attraverso un content marketing intelligente è una delle possibili risposte.

E, peraltro, funziona perfettamente da sempre.

 

 

ilkappa.com è mobile friendly. Più o meno ;)

Google cambia tutto favorisce il mobile friendly

Come mi segnala il buon Pas attraverso la pagina Facebook di Studio Casaliggi, Google sta cambiando il suo algoritmo per favorire il mobile friendly. Non sarebbe una novità, se non fosse per la “rivoluzione mobile” che avverrà.

In pratica, da oggi Google inizierà a penalizzare tutti i siti che non rispondono ad alcuni criteri per essere mobile friendly, cioè leggibili anche sugli smartphone e, in generale, sugli schermi di piccole dimensioni. Questo cambiamento coinvolgerà le ricerche effettuate da mobile, che sempre secondo Google oggi sono il 60% e sono destinate a diventare più del 70% entro il 2020.

Se vi state chiedendo cosa centra tutto questo con il content marketing e la gestione dei contenuti, la risposta è piuttosto semplice: noi gestori di contenuti possiamo anche fare un buon lavoro, impegnarci per ottimizzare parole chiave e contenuti in genere, ma se la tecnologia del sito è obsoleta e non ci supporta, buona parte dei nostri sforzi è destinata a essere vana. Per cui, se non lo avete ancora fatto, è il momento di stare sotto ai webmaster per ottenere gli aggiornamenti mobile friendly.

A dirla tutta, i tecnici dovrebbero già esserne al corrente, visto che la notizia circola già da un paio di mesi… ma se i webmaster con cui lavorate di solito sono poco reattivi, ora non ci sono più scuse: gli scenari più pessimistici parlano di crolli verticali nella raggiungibilità attraverso le ricerche naturali, anche se è più credibile che il passaggio sarà piuttosto morbido.

Possiamo fare una verifica rapida usando lo strumento che Google mette a disposizione. (per la cronaca, questo sito è già mobile friendly… e non lo sapevo nemmeno, o quasi ;) )

lemmling-Simple-cartoon-sheep-2 from OpenClipart.org

Scopriamo i contenuti copiati – MCCPost

Come avevo promesso troppo tempo fa, oggi ho pubblicato su MCCPost.com un articolo sugli strumenti per verificare se nei nostri lavori esistono contenuti copiati.

Qualche idea

Uno dei possibili usi di queste risorse, naturalmente, è quello di controllare se qualcuno ha copiato indebitamente, o ha preso un po’ troppa ispirazione, dai nostri lavori, tuttavia l’uso di strumenti di questo tipo sono molti, nel mio caso per esempio mostrano la loro utilità sia nel campo del content marketing sia in quello dell’insegnamento. Questi sono gli usi che ne faccio ma, naturalmente, non è un elenco esaustivo.

  • Docenza, insegnamento, formazione: se assegniamo agli allievi ricerche, articoli o domande a risposta aperta durante le verifiche, questi strumenti ci permettono di verificare rapidamente se qualcuno ha semplicemente aperto Internet e fatto un copiaincolla, invece di metterci del suo, e prendere i provvedimenti del caso. Io scoraggio sempre l’uso di contenuti copiati, specificando durante le verifiche che effettuerò questo tipo di controlli. Visto che non amo chi ricorre a scorciatoie, di solito lo comunico verso la metà dei lavori e controllo le reazioni. Quelli che cambiano colore o iniziano a guardarsi intorno nervosamente ci stavano provando.
  • Content marketing: esiste qualcosa di più avvilente di un testo copiaincollato da un professionista? Quando i miei clienti mi chi chiedono consulenze su lavori preesistenti, una delle prime cose che faccio nel controllo qualità è proprio verificare se esistono contenuti copiati e quali. Di solito propongo al cliente di farlo insieme, o in collaborazione con i suoi responsabili, spiegando perché è male e perché il mio lavoro di creatore di contenuti è importante, anche per una questione di immagine.
  • Content marketing: quando siamo in condizione di lavorare bene, può essere utile anche controllare i nostri contenuti. Per quanto ci sforziamo di essere originali infatti, ci sono locuzioni, frasi e modi di dire che ciascuno di noi usa spesso, anche involontariamente, e che a lungo andare possono farci sembrare uguali a chiunque altro, oltre che a noi stessi. Un rapido controllo ci permette di verificare se ne stiamo abusando.

Queste sono solo alcune idee, ma il controllo dei contenuti copiati e degli eventuali plagi può essere applicato in altri campi, per esempio anche nella creazione di testi promozionali o per controllare le citazioni più lunghe e complesse.

Contenuti copiati e controlli rapidi

Qualcuno si chiederà se Google o gli altri motori di ricerca non siano in grado di svolgere lo stesso lavoro. Naturalmente si, ma utilizzare uno strumento più verticale, come sempre, snellisce il lavoro, permettendoci sia di fare un controllo sul plagio o sulla copia più approfondito, sia di risparmiare tempo per altre attività.

E tutti sappiamo quanto il nostro tempo sia prezioso…

Content Marketing – il caso Playboy

Un interessante articolo su Clickz.com parla del nuovo approccio della testata online al content marketing, per sfruttare al meglio la forza del loro brand.

Perché ho scelto proprio Playboy e il sito playboy.com per parlarne oggi è piuttosto semplice. Prima di tutto perché ci racconta di come anche i marchi più forti e famosi debbano trattare molto seriamente alcuni temi, fra cui appunto la gestione dei contenuti. Poi, naturalmente, perché Playboy fa parte dell’immaginario collettivo. Basta dire: Conigliette. Il video, naturalmente, è in fondo all’articolo (altrimenti vi fermate tutti qui, ci siamo capiti…).
Ma chiunque sia stato adolescente in un qualsiasi momento dal dopoguerra a oggi sa che Playboy significa molto di più: vita notturna, feste, muscle car, e così via. Insomma, tutto quello che si trova in un qualunque college movie americano, solo, più grande, più esagerato e vietato ai minori.
Ferma tutto.
Perché il colpo di genio è proprio qui: il nuovo sito di playboy, lanciato nel 2014, è safe for work: tutti i contenuti sono stati rivisti in un ottica PG-13, cioè visibili dai 13 anni in su secondo le leggi americane. Quindi, niente più nudità, almeno sul sito.
Risultato: +258 per-maledetto-cento di incremento sul traffico, di cui il 70% da mobile.
Come? Naturalmente lavorando moltissimo sul content marketing, rielaborando i contenuti nel sito in un’ottica ammiccante ma meno esplicita, e unendo la forza del marchio Playboy e la tradizione che rappresenta ai nuovi temi caldi: videogiochi, cibo, gadget e così via, ma non solo.
Portando la forza del suo marchio in nuovi settori, con collaborazioni importanti e, ovviamente, una valanga di materiale, soprattutto immagini e video. L’articolo originale parla di una collaborazione con Stoli Vodka, ma quella che colpisce è con Red Bull: ecco finalmente il video (e le conigliette):
[youtube https://www.youtube.com/watch?t=52&v=7KPU7DWRe1Y]
Bevande energetiche, sport estremi, ragazze in bikini. Vediamo quanti accessi guadagno con questi tag ;)
Insomma, anche le aziende con l’immagine più “spensierata”, quando prendono il content marketing, inteso anche come strategia di gestione della comunicazione, in modo sistematico, con un metodo e un piano, ottengono risultati incredibili.
Ricordiamoci sempre di cosa insegna l’Hagakure:
Tra le massime scolpite sul muro del signore di Naosihge c’era questa:
le questioni di maggiore gravità vanno trattate con leggerezza.
Il maestro Ittei commentò:
le questioni di minore gravità vanno trattate seriamente.
 
Come dimostra anche questa slide, dall’articolo orginale:

Dalla slide della presentazione della nuova strategia

Misurare il successo secondo Playboy

E che di fatto  è una delle affermazioni più oneste che abbia visto rappresentate da un esperto di content marketing.
Insomma, è arrivato il momento di prendere questa disciplina sul serio: il Content Marketing non è solo scrivere contenuti o creare ottimi testi copy. E’ a tutti gli effetti una strategia, che, se necessario, può far cambiare radicalmente la politica di pubblicazione di un impero come Playboy. E vincere. Ricordiamoci:
+258 per-maledetto-cento.
Alla prossima.