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Cosa ci sta insegnando l’ultima console war (che non c’entra con i videogiochi)

La console war fra PlayStation 5 e Xbox Series X|S ci sta insegnando almeno due cose che non hanno strettamente a che vedere con il mondo dei videogiochi. Eccole qui.

Le console war sono vecchie quanto i videogiochi stessi, o quasi (non è che l’Atari 2600 avesse tutti questi concorrenti all’inizio, ma già con gli otto bit le cose erano cambiate). E ormai fanno parte del Folklore del mondo dei videogame. La più recente, quella fra PlayStation 5 e l’accoppiata Xbox Series X / Xbox Series S non è nella sostanza molto diversa dalle precedenti.

Si parla sempre di grafica, di processore, di prestazioni, ma soprattutto di titoli ed esclusive. Ma questa è la parte più noiosa, di cui francamente non ho molta voglia di parlare: ho dato, con il mondo dei videogame, svariati anni fa, anche professionalmente. E come si suol dire è stato bello finché è durato. Tutta via la console war del 2020 porta con sé due lezioni molto interessanti. Una delle due ha a che vedere con la SEO e la vedremo per seconda. L’altra riguarda il mercato più in generale.

La Console War 2020 ci insegna che a volte i veri vincitori non salgono sul podio

Fra appassionati ci si sta scapicollando per capire chi sarà il vincitore, in termini di vendite, quote di mercato, hype. Ma diamo un’occhiata a questi grafici:

Immagini realizzate da newatlas.com/games/playstation-5-ps5-digital-edition-vs-xbox-series-x-s-specs-comparison/
Immagini realizzate da newatlas.com/games/playstation-5-ps5-digital-edition-vs-xbox-series-x-s-specs-comparison/

Nessuno nota nulla?

Esatto AMD realizza tutti i processori e tutte le CPU di tutte le console di prossima generazione.

Quindi, possiamo dire che AMD è la vincitrice assoluta: per l’azienda, che si vendano più Xbox o più PlayStation è assolutamente indifferente. Qualcuno diceva che durante la corsa all’oro, si arricchisce davvero chi vende setacci e picconi. Calza a pennello anche a questa console war.

E cosa ci insegna la console war 2020 sulla SEO?

Ovviamente, il lancio delle sue console, PlayStation 5 in particolare, ha suscitato molto interesse. Il che ha condotto a una rincorsa alla novità.
Tutto perfettamente normale fino a quando si rimane all’interno dell’ecosistema dei siti di videogiochi e tecnologia.

Ma guardate questi due:

E si tratta solo di due casi su molti: siti verticali di altri settori che, per ragioni insondabili a chiunque faccia questo mestiere con buon senso, decidono di rastrellare qualsiasi keyword che si crede possa portare traffico.

I risultati? Ecco qui:

Il risultato è ovvio a chiunque conosca davvero la SEO. Come sappiamo, il posizionamento dipende da moltissimi fattori. Fra cui anche l’autorevolezza del dominio nello specifico settore.

Mentre alcuni sono convinti che “basti scrivere su cose che interessano per fare traffico”. Il che può anche capitare, per brevi periodi di tempo. Ma il piccolo risultato ottenuto svanisce come neve al sole appena l’algoritmo di Google effettua un controllo più approfondito.

Se aggiungiamo che spesso questi articoli vengono relegati in categorie non visibili dalla navigazione, per non intaccare l’immagine del sito, abbiamo il quadro dell’ennesima tecnica obsoleta per ottenere traffico.

Perché parlare di tutto non funziona?

Per la verità funziona, se gestiamo un sito informativo generalista. Ma se siamo specializzati, non ha alcun senso. Lasciamo per un attimo da parte gli aspetti tecnici, e proviamo a immedesimarci nell’utente.

Crediamo davvero che un utente possa pensare
Hei, guarda quanto parla bene di meccanica quantistica questo sito sul collezionismo di collari per cani! Sicuramente sono altrettanto bravi a parlare di collari per cani! Aspetta che visito quaranta pagine”

Invece di
Cosa diavolo ci fa un articolo sulla meccanica quantistica in questo sito sul collezionismo di collari per cani? Si sono sbagliati o mi prendono in giro?”

Dal punto di vista più tecnico invece sappiamo che l’algoritmo di Google parte da una valutazione paritaria, in prima istanza, per poi affinarla con parametri come la pertinenza con gli argomenti abitualmente trattari e l’autorevolezza in quel campo.

Quello che trae in inganno chi analizza i risultati superficialmente è che in effetti è possibile che ci sia un periodo di interregno in cui la pagina si posiziona, temporaneamente, anche per un settore non coperto abitualmente. E magari generi traffico per qualche giorno.

Questo conduce a un circolo vizioso aberrante: a un certo punto l’articolo perde le posizioni e smette di fare traffico. Ma l’ultima volta che abbiamo parlato di un argomento che tira abbiamo fatto traffico, giusto? Quindi facciamo più contenuti su argomenti che tirano, non importa quali.
Centinaia di migliaia di parole macinate per essere visibili per pochi giorni.

Quando, con una linea editoriale precisa e una identità definita si possono ottenere risultati che durano nel tempo.

Questo blog, dalla sua posizione infinitesimale nel Web, conserva intatte le sue posizioni da anni. E ne conquista di nuove. Lentamente, ma con un contenuto al mese quando va bene.

La stessa cosa, su scala più grande, accade su diversi siti con cui collaboro.

Si ottengono risultati migliori con pochi contenuti ragionati che non con migliaia di contenuti privi di pianificazione e direzione.

Insomma, la console war 2020 contiene un insegnamento anche per la SEO ci sono ancora moltissime persone che la fanno nel modo sbagliato.

Bonus per addetti ai lavori: ha senso tentare di posizionarsi per le keyword branded, in particolare quelle forti?

Secondo me assolutamente no. Tanto, nel 99,9% dei casi il primo risultato della SERP ormai è la pagina ufficiale del prodotto. Che è esattamente quello che l’utente cerca con la keyword secca.

Ma parliamone qui sotto, se vi fa piacere.

[immagine di copertina: Fabian Albert on Unsplash (elaborata) ]

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